AFFABULAZIONE ATTORNO A PASOLINI (IV)

di Antimo Mascaretti

Pasolini era profondamente convinto che ad una trasformazione necessaria della società verso un autentico progresso, il poeta civile ed ogni artista, dovesse partecipare con i propri strumenti, con le proprie opere. A distanza di anni, a me pare che la visione pasoliniana del progresso, ben distante da quella comunemente intesa dagli uomini politici miopi appare purtroppo, velleitaria, troppo generosa e fiduciosa nelle capacità degli uomini, nella possibilità di superare il loro egoismo individualista, pur nella sua assoluta necessità per la contingenza storica. La visione del mondo che appare dalle sue opere è essenzialmente una visione poetica che contrasta, fin da tempi non sospetti, anzi, di grande sviluppo economico specie in Italia (anni ’60), l’avanzare inarrestabile del neocapitalismo gretto, cinico, distruttivo che oggi appare nefasto e che ha come conseguenza la progressiva, ormai evidente, distruzione totale del pianeta.

Ma in tutti questi anni, specie dopo la morte del poeta, l’opera intera, persino la parte più ludica e di massa, (alludo a quei film della “trilogia della vita” che mai passano sugli schermi televisivi come fossero ancora armi pericolose da maneggiare con cura), è stata “imbalsamata” dopo una continua opera di delegittimazione da parte dei “servi del regime”, giornalisti prezzolati, e mezze figure non si sa bene se di studiosi, esperti o semplicemente “marchettari” per il gettone di presenza, che hanno intanto preso il posto degli intellettuali d’un tempo. Imbalsamata nell’alveare del capitalismo speculativo tuttora imperversante, allo stesso modo in cui le api ricoprono di propoli, un insetto estraneo, un piccolo topo o una falena, introdottasi fortuitamente nell’arnia-Stato. E’ stata imbalsamata quell’opera, dalla nuova borghesia, rinvigorita ma senza passato, volgare ed arrogante nei suoi miseri valori consumistici d’accatto, nelle sue abitudini anodine, nel suo ipocrita credo religioso (svuotato di ogni senso di carità ed indulgente oltre ogni limite, nella sua tendenza perennemente assolutoria), nel suo insopportabile moralismo massimalista, che vorrebbe apparire come una sorta di morale laica dell’ecumene capitalista falsamente libertario, ma pur sempre rassicurante. La scomodità e la non classificabilità dell’opera di Pasolini è tuttora invisa a quel potere che si autodefinisce “moderato”, che si mette in crisi di governo magari per una palpata sul culo di una donna (reato insopportabile siamo intesi, ma vediamo bene la scala dei valori, per favore, vediamo quanti reati sono ben più gravi e non provocano nulla né nei governi né nelle coscienze individuali!), che blatera su di un progresso ipotetico a colpi di crescita del prodotto interno lordo che però, nasconde ogni limite e contraddizione sul possibile, più che probabile, futuro disastroso, ostentando un ottimismo infondato, perché non vengono neppure nominati i nodi cruciali che distruggeranno l’aspetto, persino esteriore delle attuali forme sociali: il numero degli esseri viventi, la sua crescita esponenziale, e la scarsità delle risorse del pianeta. Problemi che evidentemente sono agli antipodi della auspicata crescita indefinita dei PIL. I film di Pasolini non passano in TV, la sua opera letteraria è totalmente ignorata e dimenticata perché il moralismo dell’attuale potere, che pure tollera la droga venduta ai bambini, il terrore (generato da politiche arroganti ed aggressive e da una supposta superiorità di civiltà…), e persino la svendita di organi umani, oltre che ogni altra nefandezza, sempre in nome di una concezione dell’uomo ridicola e contro natura, (ma che costituisce l’alibi per condanne irrisorie e miti a criminali di ogni risma), quel potere ha però, ancora paura del nudo integrale, ma soprattutto ha paura del nudo “ideologico”, metaforico, “significante” in senso estetico e sociale. Un potere che appare esaltatore dei progressi della scienza, ha paura, anzi, ha il terrore della vera arte e del pensiero critico. Eppure un insegnamento prezioso di Pasolini attraverso la sua opera è la lezione che nella verità naturale si cela ancora l’unica poesia possibile dell’inferno contemporaneo in occidente. Ma chi è in grado di capire questo messaggio? In giro non si vede che la desolazione disperata di intere generazioni senza capacità critica né futuro credibile, un edonismo ormai alla fine che, prestissimo, getterà nella disperazione i più accorti, quando quei nodi, quei problemi non affrontati dal potere incapace e pavido, oggi trasformatosi in un super organismo, quale l’Unione Europea ad esempio, verranno di colpo al pettine.

E il messaggio agli artisti che viene dall’opera di Pasolini? Io credo sia quello di tenersi cara la libertà autentica, anche a costo di continuare in solitudine la propria azione, la propria arte di opposizione, diffidare da ogni conformismo, studiare, e soprattutto pensare, pensare, pensare!

Ma cari artisti se avete modo, rileggetevi quanto scriveva il poeta in quel piccolo intervento pubblicato su “Tempo” del 25 giugno 1972, dal titolo: “Il mongoloide alla Biennale è il prodotto della sottocultura italiana” (oggi in: Pasolini –opere complete- saggi sulla letteratura e sull’arte-vol. II- Ed. Mondadori), che è forse l’unico intervento di Pasolini di esplicita critica a quanto già iniziava ad accadere nell’arte contemporanea, e che oggi ormai dilaga, senza nessun fremito critico da parte di alcuno. Può essere utile quella lettura, magari per ripensare la vostra opera complessiva, per pensare se veramente il nostro fare arte (intendo di quelli che ancora ci credono all’arte), così come si vede attraverso gli organismi istituzionali del “sistema”: Fiere/gallerie/Fondazioni/ mercato speculativo, sfrontato e senza pudore, sia ancora credibile, possibile, utile, significante.

La ricorrenza della morte di Pasolini sulle televisioni italiane, è passata intanto quasi del tutto inosservata, e questo per ribadire ancora una volta, che “l’imbalsamazione” continua.

(Continua)

13/11/2017, Antimo Mascaretti

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