I SEGRETI DELLA PRIMAVERA

di Lidia Borella

Il dipinto “La primavera” di Alessandro Filipepi, detto Sandro Botticelli, è una delle opere più enigmatiche e misteriose dell’intera storia dell’arte; da tempo critici e studiosi cercano di decifrarne il significato simbolico ed allegorico complessivo.

Botticelli dipinge la raffinatissima opera nel 1482, a 35 anni, nella piena maturità di uomo e di artista; è una tavola di 314 centimetri per 203 centimetri, che attualmente si trova esposta agli Uffizi a Firenze.

La formazione del pittore si realizza secondo la tradizione artigianale dell’epoca: frequenta la bottega di un orafo, dove apprende il segno sicuro dell’incisione su metallo e la ricchezza cromatica e decorativa dell’oro e delle pietre preziose; frequenta inoltre le botteghe di Filippo Lippi e del Verrocchio, ambienti nei quali il disegno era considerato il fondamento dell’arte e proprio per il disegno e per la perfezione delle forme Botticelli mostra una passione, giudicata dal Vasari quasi maniacale.

La ricerca del bello prodotto dall’arte pone il pittore su un piano diverso rispetto a Leonardo, Michelangelo e Raffaello, suoi contemporanei, che consideravano l’arte una forma di conoscenza della natura e della storia.

Il dipinto “La primavera”, molto probabilmente, è stato commissionato da un membro della potente e ricca famiglia dei Medici, oggi si tende ad affermare che il committente sia stato Lorenzo il Magnifico, in occasione delle nozze del cugino Lorenzo di Pierfrancesco con Seramide Appiani, avvenuto nel 1482.

Nel dipinto sono presenti, a gruppi, nove personaggi distribuiti in una scena composta da un prato semicircolare, una radura delimitata da aranci ricchi di fiori, foglie e frutti; questo agrume è anche simbolo di matrimonio, perché secondo la mitologia la dea Giunone avrebbe donato al marito Giove piante d’arancio come dote nuziale.

Il tappeto erboso su cui si posano i piedi affusolati delle divinità raffigurate è cosparso da moltissime varietà di fiori: viole, crisantemi, iris, fiordalisi, rose, papaveri, margherite e altri ancora. Sulla destra è presente anche l’albero allusivo per assonanza (laurus) al nome di Lorenzo, mentre al centro si può vedere il mirto, dedicato a Venere, regina di questo magnifico luogo di delizie identificato come il giardino delle Esperidi.

La dea è ammantata come una figura classica, ma con elementi dell’abbigliamento desunti dai canoni di moda quattrocenteschi, come la veste che alla scollatura e sotto il seno presenta una decorazione dorata; Venere indossa inoltre una collana di perle con un ciondolo all’interno del quale è incastonato un rubino, con la mano destra sollevata la figura sembra voler attirare l’attenzione dello spettatore introducendolo nella ricchezza della composizione.

Sopra la testa di Venere si libra Cupido, dio dell’Amore, raffigurato come un putto alato e bendato, come da tradizione, mentre scaglia una freccia infiammata contro la figura centrale del gruppo danzante delle tre Grazie, tradizionalmente al seguito di Venere.

Le tre donne sono raffigurate in cerchio, coperte da veli fluttuanti, ornate di perle e monili, sembrano muoversi sinuosamente in una danza che prevede le loro mani intrecciate con grazia. La giovane dea centrale (Thalia) simbolo di castità, guarda verso il giovane in piedi all’estrema destra, identificato come il dio Mercurio, intento con il suo bastone ornato da serpenti attorcigliati (caduceo) a disperdere le nubi che tentano di entrare nel giardino e rovinare l’armonia che vi regna.

Mercurio indossa solo un drappo rosso decorato con fiamme d’oro, che sono gli emblemi di Lorenzo di Pierfrancesco.

Sulla parte destra della tavola sono dipinte tre figure: una in volo, di colore verdastro, che irrompe nella scena, sospesa tra gli arbusti di lauro, si tratto di Zefiro, vento primaverile per eccellenza, mentre soffia e insegue desideroso la ninfa Clori, che fugge e allo stesso tempo si volge verso di lui.

Questa scena trova spiegazione nei “Fasti” di Ovidio: Clori ha suscitato la passione di Zefiro, viene raggiunta e posseduta, egli la farà successivamente sua sposa, trasformandola e rendendola feconda, conferendole il potere di far germogliare i fiori.

Anche il suo nome verrà cambiato da Clori in Flora; i fiori che la ninfa emana sono caratterizzati pittoricamente da un colore neutro e si confondono con quelli che ornano l’abito del suo alter-ego, dell’altra se stessa: Flora, ammantata, da ghirlande floreali, e da tantissimi fiori che le ornano la scollatura, il corpo ed il vestito e che sparge sul prato.

La figura della dea e in generale tutta la composizione è caratterizzata da una straordinaria ricchezza di dettagli.

La Primavera nasconde vari livelli di lettura: uno strettamente mitologico, uno filosofico, legato alla concezione del bello e uno storico-dinastico, legato alle vicende contemporanee al quadro e alla gratificazione del committente e della sua famiglia. Il senso complessivo dell’opera è tuttavia ancora piuttosto oscuro ed aperto a diverse interpretazioni.

Adolfo Venturi e Aby Warburg giungono a stabilire che il dipinto nasce da basi letterarie identificabili in una somma di autori diversi come Lucrezio, Orazio, Ovidio, Virgilio, poeti conosciuti perfettamente da Poliziano, poeta di fiducia dei Medici, che avrebbe suggerito a Botticelli le opere a cui ispirarsi.

La figura di Venere ha un ruolo fondamentale nella scena: diventa simbolo della Humanitas, suscitatrice di passioni, ma anche capace di moderarle, indirizzandole a fini moralmente ed intellettualmente superiori.

Seguendo questa interpretazione le nove figure del dipinto stanno a rappresentare il percorso che l’uomo deve compiere per elevarsi dalle pulsioni più fisiche per le cose terrene, alla più alta attività contemplativa delle cose divine.

Nel dipinto quindi, sulla parte destra è raffigurato il livello più basso della pulsione amorosa (Zefiro e Clori) mentre alla sinistra di Venere vediamo il livello più alto e contemplativo dell’amore (le tre Grazie e Mercurio).

Come ogni opera che diventa icona, attorno al dipinto è fiorita una vasta letteratura, sia di analisi storico-interpretativa, sia in chiave fantastica e romanzata; uno di questi romanzi con una trama particolarmente ricca di colpi di scena e di lettura molto avvincente è “La ladra della primavera” di Marina Fiorato, in cui si propone una chiave di interpretazione storica del quadro particolarmente fantasiosa: ogni personaggio rappresenta una città o una persona legata a quella città, il quadro nasconde un segreto pericoloso e i protagonisti (una giovane prostituta ed un frate novizio) sono costretti dalle circostanze a risolvere l’enigma per salvare le loro vite e quelle di molti altri.

Ci sono molti modi per avvicinarsi al mondo dell’arte, a volte basta una semplice lettura che può portare la curiosità di scoprire più informazioni riguardo ad un pittore o, come in questo caso, ad una meravigliosa opera.

Lidiart

05/07/2017, Lidia Borella

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