LA “SFINGE DI DELFT”
di Lidia Borella

Jan Vermeer è stato e continua ad essere un magnifico enigma per la storia dell’arte, poche sono le sue opere certe, circa una trentina, rari i documenti personali, dubbie anche le date dei suoi dipinti, la cui cronologia è ipotetica e basata su criteri stilistici e tecnici, per questi motivi è stato definito dalla critica “la Sfinge di Delft”.

Considerato, oggi, uno dei più geniali e raffinati pittori del Seicento europeo, già a tre anni dalla morte viene dimenticato: ignorato nei trattati d’arte a lui contemporanei e nelle biografie del Settecento, solo verso la meta dell’Ottocento critici e scrittori iniziano a riscoprirlo, ma sarà solamente a partire dalla fine dell’Ottocento che si consolida la sua ascesa e i suoi dipinti diventano apprezzati e quotati.

Il Pittore nasce nel 1632 in Olanda, a Delft, città famosa per la sua birra, ricca di fabbriche per la produzione di porcellane e di stoffe e rinomata per il commercio dei quadri, molto richiesti dalla ricca borghesia.

Le eleganti abitazioni della città erano strettamente accorpate lungo il canale, suggestiva visione che Vermeer immortala nel dipinto  ”Veduta di Delft”.  Recentemente ho letto il romanzo “La ragazza con l’orecchino di perla”, un libro affascinante, che mi ha dato lo spunto per indagare sulla vita del pittore olandese; il libro costruisce un intreccio avvincente tra elementi veri, tratti da documenti e fonti storiche e una vicenda di fantasia: il particolare rapporto che viene a crearsi tra Vermeer e una giovane domestica, reso verosimile anche dall’enigmatica personalità del pittore.

Nel romanzo sono presenti i personaggi che realmente hanno fatto parte della vita di Vermeer: la moglie Catharina, i numerosi figli, la suocera Maria Thins, il ricco collezionista e committente Pieter Claesz van Ruijven e l’importante amicizia con lo scienziato di Delft Anthonij van Leeuwenhoeck, perfezionatore del microscopio, che forse ha contribuito con i suoi studi ottici e la sua camera oscura alla bellezza della pittura di Vermeer, capace di cogliere la vita nascosta nelle cose piccole.

Nel romanzo viene anche descritto l’ipotetico procedimento con cui Vermeer studiava attentamente i suoi dipinti osservandoli attraverso le immagini della camera oscura per coglierne i dettagli da una diversa prospettiva.

Per cercare di conoscere l’artista bisogna scavare nella sua limpida pittura, che raffigura interni borghesi, piccoli gruppi di persone impegnate a sorseggiare del vino, mentre suonano o conversano tra loro, un genere definito “quadri di conversazione”. Spesso però a dominare la scena dei suoi dipinti è la figura femminile, sola o in compagnia di un gentiluomo oppure di una domestica; frammenti di vita quotidiana, con elementi allegorici, inseriti in spazi ben studiati in cui la luce, che proviene dalla sinistra (filtrata da una finestra), gioca un ruolo fondamentale per definire i rapporti tra le figure, Vermeer anche attraverso questo particolare riesce ad esprimere gli stati d’animo e la psicologia dei personaggi che ritrae.

Il pittore dipingeva molto lentamente piccoli capolavori, studiati rigorosamente fin nei minimi dettagli, ne è un esempio il dipinto “Ragazza con turbante” anche noto con il titolo ”Ragazza con l’orecchino di perla”, opera tra le più famose dell’artista, tanto da essere soprannominata “La Monna Lisa di Vermeer”.

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La ragazza è raffigurata con la bocca appena socchiusa, gli occhi grandi, il naso diritto e sottile, un volto di rara bellezza ripreso di tre quarti e colto con immediatezza. Il fondo scuro mette in risalto i colori della figura, l’ocra della veste, il giallo e l’azzurro del turbante di moda turca, accessorio tipico del tradizionale abbigliamento dell’Impero Ottomano, cui la Turchia apparteneva, e lo splendido orecchino di perla dipinto con grande abilità.

E’ difficile individuare la figura allegorica di riferimento perché, come tante immagini di Vermeer, appare senza tempo; alcune fonti critiche inseriscono il dipinto nel genere tronie: figure anonime di fantasia e non personaggi realmente esistiti.

Questo dipinto ha ispirato il romanzo “La ragazza con l’orecchino di perla”, scritto da Tracy Chevalier nel 1999 ed, in seguito, il film omonimo uscito nel 2003 in cui la ragazza è interpretata da Scarlett Johansson e il pittore da Colin Firth.

Nella trama la misteriosa ragazza del dipinto è stata fantasiosamente indicata come Griet, la fantesca che presta servizio presso la casa di Maria Thins, dove  abita il pittore con la moglie, i numerosi figli e il personale di servizio.

Sin dal primo incontro tra la giovane e bella sedicenne Griet e Vermeer, si stabilisce tra i due un legame particolare, su questo rapporto, mai espresso apertamente, si articola tutta la storia del romanzo; il pittore vede in lei una potenziale collaboratrice, capace di aiutarlo nella sua pittura, sia per la preparazione dei colori, sia con  piccoli consigli spontanei. Per questioni pratiche, dopo la nascita del sesto figlio, Griet si trasferisce nella soffitta, accanto allo studio del padrone ed ha la possibilità, negata alla moglie, di seguire lo svolgimento di ogni dipinto, sino a quando diventerà lei stessa la modella e protagonista di un quadro.

Per completare il ritratto ed aggiungere il punto di luminosità essenziale, il pittore farà furtivamente indossare alla fantesca gli orecchini di perla della moglie; Griet obbedisce per amore del padrone anche se è consapevole del disaccordo della moglie, infatti dovrà lasciare la casa e proseguire la sua vita altrove.

Dopo alcuni anni il pittore muore prematuramente lasciando alla moglie Catharina, tramite testamento, il fastidioso compito di donare alla ragazza gli orecchini di perla.

La trama del romanzo è semplice ma affascinante, ricca di intrecci tra luoghi e fatti reali e vicende di fantasia, ma ciò che sorprende di più è la magia di un dipinto così suggestivo da ispirare una storia di passioni silenziose e di grande intensità.


Lidiart

29/03/2016, Lidia Borella

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