Senza titolo (Ovvero: Volo aereo notturno) (XV) Romanzo

di Antimo Mascaretti

Riccardo Isnaghi abita al piano terra. A guardarlo, si direbbe abbastanza anziano per aver conosciuto Maria di persona, non so però, se ha sempre abitato in questo palazzo, non resta che chiederglielo.

Mi faccio forza per superare un imbarazzo sottile, la sempre presente e vaga sensazione di ridicolo che mi prende se ripenso a tutta questa storia. Pigio sul campanello del portone d’ingresso.

“Signor Isnaghi, mi scusi se la disturbo, lei ha sempre abitato in questo palazzo negli ultimi cinquant’anni?”.

“Non so perché mi faccia questa domanda, purtroppo però, per qualunque ragione sia, non le potrò essere utile, dal momento che sono venuto ad abitare in via Mazzini soltanto nel 1986, quando sono rientrato in Italia. Prima ho vissuto per vent’anni in Argentina.”

Spiego al signor Isnaghi il motivo della mia domanda.

“Mi spiace, non ho conosciuto la zia della signora Martine, che invece, conosco abbastanza bene”.

“Conosce qualcuno che, al contrario di lei, potrebbe averla conosciuta?”

“Nel palazzo, il professor Aleppe, senza dubbio”

“Sì, l’ho pensato anch’io, ma il professore sembra essere partito e non si sa quando tornerà”

“Capisco, è proprio una sfortuna la sua…, non saprei chi altro indicarle…può provare a chiedere del signor Valla, Adriano Valla, ora è in pensione, capirà, è molto anziano, deve essere vicino alla novantina, ha avuto un negozio per tanti anni, proprio di fianco al palazzo, anzi, abita proprio sopra quel che, un tempo, è stato il suo negozio. Non le sarà difficile trovarlo, non esce mai di casa”.

Con pazienza mi decido a suonare il campanello di casa Valla. Mi risponde al citofono una voce femminile, all’ apparenza molto giovane.

“Ho capito, lei vorrebbe parlare dunque, con mio nonno…aspetti che chiedo”.

Dopo qualche minuto sento lo scatto della serratura. Per le scale, la stessa giovane voce di prima: “Venga sopra, abitiamo al primo piano, sotto non c’ è più nessuno”.

Spiego, in breve, il motivo della mia visita alla nipote di Valla, la ragazza spiega che il nonno da tempo, non è più lucido nel ragionare, ma a suo dire, potrei avere fortuna perché ricorda ancora molto bene i vecchi avvenimenti e le persone che un tempo ha frequentato.

Mi fa entrare in una stanza in penombra.

Il signor Valla, mi dice la nipote, è quasi cieco ormai, la ragazza parla all’ orecchio del nonno alzando la voce:

“Nonno, il signore vorrebbe chiederti della signora Maria Wirth, una ballerina e maestra di danza che ha vissuto nel palazzo qui a fianco”.

“Sì, Maria…certo che la ricordo! – con voce roca, come di chi parla di rado, il signor Valla si volta a guardare verso di me, senza vedermi – “Conoscevo bene Maria, veniva spesso a far compere nel mio negozio, è passato molto tempo, sa, che cosa vuole sapere?”

“Non so bene in verità, stiamo, una mia amica tedesca ed io, riorganizzando l’archivio di Maria, in quella che è stata per tanti anni la sua casa qui ad Urbino, qualsiasi notizia potrebbe esserci molto utile”

“Era una donna che doveva essere stata bellissima, ma aveva vissuto con molta sofferenza e tutto il dolore lo portava ancora sul viso magro. Negli ultimi tempi, viveva con un pittore, anche lui tedesco, un uomo alto, dallo sguardo mite che però, non parlava mai quando ci incontravamo in negozio, lasciava sempre che parlasse Maria, forse non conosceva bene la nostra lingua”.

“Di quel pittore ricorda altro che lo ha colpito, per caso? Ricorda se organizzava mostre? Ha avuto modo di vedere qualche suo quadro?”

“Non ricordo molto, negli anni che ha vissuto ad Urbino con Maria, credo non abbia mai esposto, anzi, sono convinto che non dipingesse più da molto tempo”

“Poi, è successo che, tre anni prima che la signora Maria venisse a mancare, partì d’improvviso e che io sappia, non è più tornato da queste parti”.

Le notizie di Adriano Valla mi disarmano. Alla fine, so soltanto che Teufel ha vissuto qui per anni, ma non ho altri elementi per sapere di più sulla sua opera.

Un pittore che da molti anni ha smesso di dipingere… Dove avrà lasciato gli attrezzi del mestiere? Il suo ultimo studio, in quale città lo avrà avuto?

Nella lettera da Arzignano, lascia intendere che il suo lavoro di artista andava scemando inesorabilmente e si era nel primo dopoguerra…

Non credo che qualcuna delle sue opere sia mai giunta ad Urbino, a quei tempi ormai tutto ciò che si era ripromesso di fare doveva già essere completato e le opere di certo al sicuro dalle catastrofi che avrebbero potuto causare, anche solo casualmente, se esposte.

Mi torna in mente l’articolo di Righetti, e “l’incidente” che ha coinvolto una mia opera, ripenso, parola per parola, la lettera di diffida del professor Aleppe…

Che fare? Quale futuro inoltre, per la mia pittura?

Non devo considerare una risposta implicita quanto è accaduto a Teufel?

Non erano su questo tema (quasi una premonizione), i dubbi che mi hanno assillato negli ultimi anni circa la “necessità” o meno, della pittura?

Ecco dunque, che la risposta ti è arrivata! –mi capita di pensare con amarezza –

Sono stato fortunato nelle ricerche. Ho rintracciato altro quattro persone che ricordano di aver conosciuto Maria. Le notizie che mi hanno dato però. Non hanno aggiunto molto a quello che già conoscevo e che il signor Valla mi aveva confidato.

Gisela ha intanto diligentemente organizzato tutto il materiale presente nella stanza, nulla si è trovato circa le opere di Teufel, anzi, potremmo anche dire che non si è trovato nulla che concerne l’esistenza di Teufel, tranne qualche sbiadita fotografia.

Un solo quaderno però, ci è rimasto ancora da esaminare.

Un quaderno come quelli che ancora si usavano a scuola in Italia negli anni ’50/’60, la mia memoria in merito è molto nitida, con la copertina nera un po’ cerata.

Nel nostro caso, si tratta di un quaderno a quadretti, ma ne esistevano anche a righe, distanziate in diversa maniera, a seconda delle classi che lo adottavano, dalla prima alla quinta elementare.

Di taglio, i fogli avevano una coloratura rosata, anche il nostro presenta l’immancabile coloritura, ma è molto sbiadita, di certo per il tempo trascorso.

Gisela lo ha lasciato per ultimo, si tratta di un quaderno dove sono riportati abbozzi di poesie ed altre notazioni non di rilievo. Gisela è certa che la calligrafia non è uguale a quella degli altri scritti autografi di Maria, anche se, a prima vista, può apparire simile, è la calligrafia di qualcuno che nello scrivere ha come rallentato la velocità, rendendola volutamente più incisiva e leggibile.

Gisela intende esaminare quel quadernetto a fondo, per ultimo.

Il materiale è ora, ordinato. Le foto sono in un contenitore molto capiente che Gisela ha voluto comperare, gli scritti in diverse cartelle di raccolta documenti, i libri li ho riposti io stesso assieme agli altri, nel trumeau.

“Ora vediamo che ha da dirci questo nero tesoro” – ironizza Gisela come suo solito-

Non nasconde tuttavia, l’apprensione per una lettura che, come tutte le altre, potrebbe rivelarsi infruttuosa.

Attendo in silenzio che lei legga l’intero contenuto del quaderno.

“Niente di particolare, alla fine” _- Gisela esordisce, dopo una ventina di minuti-

“Ci sono alcune poesie incompiute, altre con molte correzioni, allusioni a sogni e ricordi di altre città, un modo di scrivere che definirei romantico, contrastato tuttavia, e molto sofferto”.

“Capisco. In sostanza però, niente di utile”

“C è tuttavia una poesia che parla di una via dei morti, in cui il nostro uomo anziché perdersi, ha potuto ritrovarsi, dopo – cito testualmente – che: “La tomba bianca è stata chiusa”.

“Chissà cosa vuol dire, forse è solo una poesia molto triste”

“E non ben riuscita”

“Via dei morti… – ma qui, ad Urbino, c’ è una via che si chiama in questo modo”.

“La ricordo bene perché, quando ero studente, leggendo l’indicazione della via, avevo ironizzato in proposito, e pensavo alla faccia di chi potesse dire con disinvoltura: “abito in via dei morti, al numero…”

“Dunque la poesia potrebbe alludere proprio alla via in questione…”

“Perché non andiamo a fare un sopralluogo in quella benedetta via dei morti, magari dopo aver pranzato, e bene, dato che sono diversi giorni che andiamo avanti a tramezzini e biscotti, tra queste vecchie carte?

“Ma si andiamo”. – Anche se sono convinto in cuor mio che non troveremo granché di utile-

(continua)

16/07/2018, Antimo Mascaretti

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