FOTOGRAFIA DIGITALE: rivoluzione o evoluzione della tecnica?
di Lidia Borella

La fotografia si trova fin dalla sua invenzione (1839) a dover sostenere la percezione collettiva di essere considerata la perfetta concretizzazione del desiderio di riproduzione del vero e della realtà che, se da un lato le ha valso la credibilità di medium documentativo e affidabile, dall’altro è venuta da subito in conflitto con l’oggetto artistico per eccellenza: il quadro, vicino visivamente e materialmente alla fotografia, ma lontanissimo in quanto a tecnica e virtuosismo di produzione, scatenando in storici, critici e artisti discussioni e prese di posizione sulla collocazione della fotografia all’interno o no dell’ordine estetico.

Mentre nel corso del Novecento la fotografia, con un incredibile scatto in avanti, riesce a mettersi in sintonia con le più aggiornate intuizioni delle avanguardie, acquisendo una sua autonomia espressiva e un suo statuto estetico, con l’arrivo del digitale si ritrova ancora oggetto di discussioni e di opinioni che si riaprono attorno al suo statuto.

C’è chi parla di morte della vecchia fotografia e della nascita di una post-fotografia, per alcuni il passaggio dall’analogico al digitale è una vera e propria rivoluzione, per altri solo un’evoluzione della tecnica, c’è chi riprende le vecchie tesi ottocentesche di Baudelaire sulla mancanza di artisticità dello scatto fotografico non modificato, perché non richiede un intervento creativo da parte dell’autore e ha una resa troppo speculare ed oggettiva della realtà, a favore di una nuova forma artistica insita nel digitale che meglio si presta alla manipolazione.

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Di tutti questi argomenti, in questi anni, vi è stata una vera e propria esplosione di libri, saggi, articoli…,in uno di questi libri: “L’immagine infedele. La falsa rivoluzione della fotografia digitale” di Claudio Marra, l’autore afferma che il passaggio dall’analogico al digitale nella fotografia, non è un cambiamento epocale come molti affermano, infatti il cuore tecnologico della macchina fotografica digitale è un apparato elettronico di natura analogica, dispositivo noto col termine CCD, che al momento dello scatto si carica di elettroni in base alla quantità di luce che colpisce in determinato punto, tale carica viene trasferita ad un convertitore analogico/digitale che si preoccupa di tradurre il segnale analogico continuo in un segnale discontinuo numerico.

Per l’autore, tecnicamente parlando, non esiste la fotografia digitale, ma la fotografia digitalizzata; anche un’immagine scattata con una macchina fotografia analogica può essere digitalizzata attraverso uno scanner, quindi l’intera questione del confronto tra analogico e digitale è semplicemente riconducibile a una prospettiva di naturale sorpasso tra tecnologie.

Per Marra la discussione sul digitale si è trasformata in qualcosa di più di un puro discorso tecnico per rimettere in gioco i delicati rapporti che, in oltre un secolo e mezzo, sono intercorsi fra arte e fotografia fino a riconsiderarne nel profondo le rispettive identità.

Quanto al ritorno delle tesi di Baudelaire sulla mancanza di artisticità nel mezzo fotografico, bisogna considerare che le sue opinioni erano relative all’operare artistico ottocentesco, ma dopo tutte le esperienze artistiche successive, dalle Avanguardie del Novecento, al “ready made” duchampiano fino alle svariate sperimentazioni dell’arte contemporanea, le sue tesi appaiono non confrontabili con il quadro artistico odierno.

Certamente il digitale e con esso tutte le nuove tecnologie che si sono affermate ai giorni nostri hanno portato degli enormi cambiamenti all’interno della società, come la trasformazione del sistema in cui fruiscono le informazioni, attraverso la rete Web o i social Network.

Il vero cambiamento della fotografia è che, attraverso il digitale e i nuovi mezzi tecnici è entrata ed entra oggi, con grande forza, a far parte di quell’infinito mosaico di immagini da cui siamo invasi.

La diffusione di fotocamere a basso costo ha portato all’esplosione della produzione amatoriale, mentre la rete ha consentito a tutta questa produzione di accedere al livello della distribuzione.

E’ proprio questa crescita vertiginosa che pone la questione di come si possa, oggi, riconoscere l’artisticità di una fotografia: rifacendosi al concetto di Roland Barthes la fotografia può essere letta come “studium”, ma soprattutto come “punctum” cioè quella particolarità o quel dettaglio di essa che ci arriva e ci colpisce.

Il compito del fotografo artistico, al giorno d’oggi, non è quello di dimostrare un uso perfetto del mezzo tecnico, ma quello di un raffinamento concettuale e di una nuova consapevolezza dei codici linguistici della fotografia.


Lidiart

07/03/2016, Lidia Borella

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