LA TAVOLOZZA DELLA NATURA
di Francisio-socio2


A fine ottobre, non essendo il lavoro, in quel periodo, particolarmente pressante decisi di prendermi una giornata di ferie, per andare per boschi a cercare funghi e castagne.

Ero ancora immerso in un sonno profondo, quando la sveglia col suo trillo mi fece sussultare, scesi dal letto ancora assonnato, e dopo essermi lavato il viso con l’acqua fredda per svegliarmi, mi vestii in fretta e uscii. Fuori era ancora buio, anche se a oriente s’intravvedeva, dietro le cime degli alberi, un alone roseo giallastro, che indicava l’imminente alba.

Caricai tutto l’occorrente nel baule della mia utilitaria, e mi avviai lungo la statale della Futa che collega Bologna A Firenze. Oltrepassai il paese di Monghidoro di un paio di chilometri, poi deviai a destra verso il monte dell’Alpe, una montagna con una folta vegetazione di querce, aceri e castagni.

La stretta stradina finiva in uno spiazzo a pochi metri dalla croce che sovrasta quel monte e da dove si può ammirare, per chi ama la natura, uno scenario fantastico, specialmente in autunno.

Quell’anno, l’autunno aveva sfoggiato una tavolozza di colori veramente eccezionale. Le macchie verdi degli abeti e dei pini, creavano un contrasto notevole con le chiazze rosso intenso dei faggi, che digradava verso l’ocra, nella zona dei castagneti, fino a raggiungere il massimo della tonalità gialla nelle zone con prevalente vegetazione di aceri e pioppi.

Nessun pittore, anche il più bravo sarebbe mai riuscito a imprimere sulla tela uno spettacolo simile, solo la mano dell’onnipotente lo poteva fare.

I raggi radenti del sole mattutino, accentuavano ancor più l’intensità cromatica del fogliame, alcuni pioppi, lungo il torrente che scorreva a valle, spiccavano con la loro chioma giallo intenso in mezzo a cespugli di corniolo di un rosso acceso, per chi come me è attratto dalle meraviglie della natura, era veramente uno spettacolo mozzafiato.

Era talmente affascinante lo scenario naturale che si apriva ai miei occhi, che rimasi per qualche minuto incantato a osservarlo, ma improvvisamente un rumore mi fece trasalire, a poca distanza da me udii un tramestio in mezzo ai cespugli di faggio, poi udii un tonfo e un lamento. Feci pochi passi e sbucai in una radura in mezzo alla quale, vidi un giovane lupo che aveva addentato al collo un piccolo di cerbiatto.

Avevo visto alcune scene del genere solo nei documentari trasmessi dalla televisione. Era sicuramente una scena di sopravvivenza per il predatore ma la mia indole protettiva mi spinse a prendere le difese del soggetto più debole.

Brandendo il bastone che impugnavo per smuovere le foglie, istintivamente mi precipitai verso il predatore. Il giovane lupo, alla mia vista non mollò subito la preda, sollevò il labbro superiore mostrandomi i suoi denti aguzzi, ma così facendo fu costretto a mollare la presa.

Anche se con un po’ di timore, continuai ad avanzare col bastone alzato, pronto a colpirlo, questo mio atteggiamento aggressivo, lo indusse a correre via.

Il cerbiatto cercò di rimettersi in piedi ma barcollò, ricadendo a terra, lasciando intravvedere sul suo collo i segni dei denti del predatore e sul letto di foglie gialle contrastava la chiazza rossa che il sangue del cerbiatto stava colorando.

Lentamente mi avvicinai e delicatamente cercai di toccarlo; l’animale inizialmente ebbe un moto di spavento, ma poi forse si rese conto che non volevo fargli del male e si lasciò accarezzare, poi guardai le ferite provocate dal lupo e costatai che, grazie al mio subitaneo intervento, avevo scongiurato il peggio. Il lupo, forse per la sua giovane età, mancava ancora d’esperienza, anziché alla gola, lo aveva azzannato nella parte superiore del collo, tra le orecchie e la schiena, non ledendo parti vitali.

Ora però sorgeva un problema; l’animale perdeva sangue e per salvarlo era assolutamente necessario portarlo da un veterinario, ma come avrei potuto fare da solo, anche se era un cucciolo, sollevarlo e metterlo in macchina diventava un’impresa, anche perché la mia auto era un’utilitaria e nel piccolo baule era difficile sistemarlo.

Comunque provai a prenderlo per le zampe, ma mi resi conto che da solo non sarei mai riuscito a sollevarlo, infatti, si agitava cercando di rialzarsi in piedi, accentuando così l’emorragia dovuta alle ferite.

Sapevo che se l’avessi abbandonato anche solo per pochi istanti, il predatore sarebbe tornato e avrebbe finito l’opera iniziata. Mentre rimuginavo nella mia testa come avrei potuto fare, sentii muovere in mezzo ai cespugli, alzai la testa e vidi il predatore che mi fissava, scoprendo gli appuntiti canini; impugnai il mio bastone, poi, anche se con un certo timore, mi diressi verso di lui urlando:

“Vattene! Vattene via!”

L’animale sparì tra i cespugli, ma ero certo che se mi fossi allontanato, anche di poco, sarebbe tornato per riprendersi la sua preda.

Mentre ritornavo verso l’animale ferito, sentii delle voci provenienti dalla radura, dove avevo parcheggiato la mia auto, allora cominciai ad urlare:

“Per favore aiutatemi, venite da questa parte!”

Da dietro i cespugli sbucarono due uomini, muniti di cesti per la raccolta dei funghi, corsero verso di me e chiesero cosa fosse successo.

Io gli raccontai l’accaduto, chiedendo loro se erano disposti a darmi una mano per portare l’animale in paese dal veterinario. Certo, rispose uno di loro, lo caricheremo sul mio PK così eviteremo di rinchiuderlo dentro un baule in questo modo si spaventerà meno.

Il proprietario del fuoristrada, armeggiò dentro una cassetta e tirò fuori un pezzo di spago, col quale legammo le zampe dell’animale e lo caricammo nel cassone del fuoristrada. Mi sedetti accanto a lui, accarezzandogli la testa, poi lentamente ci avviammo verso il paese, dove il veterinario comunale lo medicò e fece intervenire le guardie forestali, che lo presero in carico, assicurandoci che l’avrebbero curato e una volta guarito lo avrebbero rimesso in libertà .

Tornai assieme alle altre due persone nel posto, dove avevo lasciato l’auto, avevo perso buona parte della mattinata, ma non m’importava, ero riuscito a salvare quella bestiola indifesa e questo mi ripagava di tutto il tempo perso.

Ripercorsi il tragitto fatto in precedenza e mi soffermai a guardare la chiazza rossa di sangue su quel letto di foglie gialle, mentre un raggio di luce filtrava dai fitti rami dei faggi, accentuando il giallo delle foglie e il rosso del sangue, e in cuor mio fui soddisfatto per ciò che avevo fatto.

Francis

28/12/2015, Francis

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