“LA MINZIONE NELL’ARTE”
USATO COME FATTO SPREZZANTE, DIVENUTO UTILE E PREZIOSO E’ STATO UTILIZZATO SOPRATTUTTO NELL’ARTE: LA MINZIONE OVVERO L’ARTE DI FARE PIPI’.
Il 10 ottobre 1935 la Società delle Nazioni sanzionò l’Italia per l’invasione dell’Abissinia (oggi Etiopia). Il fascismo, nel novembre successivo, utilizzò per la sua propaganda di disprezzo nei confronti della manovra, con la diffusione di cartoline di bambini nudi (però con scarpe e berretto) che facevano pipì sulla scritta «sanzioni». Nel linguaggio contemporaneo l’uso delle locuzioni «pisciarci sopra» sta ad indicare biasimo o «laisser pisser» in francese utilizzato per ignorare qualcuno qualificando come sprezzante l’atto fisiologico.
Il poeta romano Gaio Valerio Catullo nelle sua raccolta di poesie Carmina o Liber ci rende noto come il sorriso di Ignazio abbia i denti bianchi ottenuti con la propria urina “Ma tu sei spagnolo e in terra di Spagna la mattina tutti si strofinano a sangue gengive e denti con la propria urina. Così più bianchi sono questi vostri denti e più rivelano il piscio che hai bevuto” (cit. carme 39 Il riso di Ignazio)
Le urine al tempo dei romani erano così utili e preziose che la loro raccolta venne persino tassata. L’idea geniale venne all’imperatore Vespasiano, da cui prendono nome gli orinatori pubblici i “vespasiani” (nome usato fino al 1980 circa). L’imperatore fu il primo ad inaugurare la “raccolta delle urine per uso industriale”. Nell’antica Roma le urine venivano impiegate nelle lavanderie per sbiancare i tessuti, per la pulizia, per la conciatura delle pelli e addirittura come cura per alcune malattie. Persino l’autorevole Smithsonian Magazine racconta di come l’urina raccolta fosse preziosa per lavorare le pelli.
L’arte del cinquecento sarà innondata da cortei di fanciulli urinanti soprattutto nella scultura e nella pittura. Nel seicento saranno ammessi anche gli adulti, con raffigurazione dove il genere maschile viene rappresentato in sbronze, bordelli o al vento, atto quello di urinare, concesso pure al genere femminile costretto però a nascondendersi dietro un muro o un albero.
Venere e Cupido di Lorenzo Lotto, databile al 1530 circa e conservato nel Metropolitan Museum a New York.
A narrare l’epopea del puer mingens (figure piscianti) è lo storico dell’arte francese Jean-Claude Lebensztejn nel divertente ma coltissimo libro “Figure piscianti 1280-2014”. Secondo Lebensztejn il piccolo fanciullo in bronzo Manneken-Pis , che urina in una fontana di Rue de l’ Étuve a Bruxelles, realizzato da Jérôme Duquesnoy il Vecchio nel 1619, rappresenta il culmine di una moda rinascimentale.
Manneken Pis di Bruxelles: La statua più famosa della città
Definita «la Gioconda belga», la statuina diventa celebre nei secoli: tanto da essere rubata due volte (nel 1913 e nel 1965), diventando anche un’etichetta di una birra (La Blanche de Bruxelles) e, come regola vuole, venire copiata fino in Giappone dove una moderna replica spunta nella stazione ferroviaria di Hamamatsucho a Tokyo.
Per arrivare all’opera più discussa e rappresentativa del Novecento dobbiamo scomodare Marcel Duchamp con “Fountaine”.
Durante il periodo del dadaismo Duchamp presentava come opere d’arte oggetti sottratti alla quotidianità limitandosi ad assemblarli tra di loro o a capovolgerne il senso, come nel caso dell’orinatorio.
L’opera, una ready-made, nella versione originale, non venne mai esposta, e di essa non si ha più alcuna traccia. In seguito alla presentazione dell’orinatoio per una mostra organizzata dalla Society of Independent Artists, di cui Duchamp all’epoca era membro, si generò un dibattito di proporzioni enormi e alla fine la società decise di non esporre l’opera. Tuttavia, grazie ad un articolo pubblicato sull’ultimo numero della rivista Dada “The Blind Man”, l’orinatoio di Duchamp fece il giro del mondo: la celebre fotografia che immortala il primo modello di “R. Mutt 1917” è anch’essa scomparsa, ma ne restano numerose riproduzioni.
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Ciao, alla prossima
27 giugno 2020
articolo a cura di Franca Barzan
Staff di IoArte
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