PERCORSI TRA I GRANDI ARTISTI: MARC CHAGALL

di Lidia Borella

Marc Chagall nasce il 7 luglio 1887 a Lyozno, nei pressi di Vitebsk, nell’attuale Bielorussia.

Le origini dell’artista hanno un ruolo importante nel suo percorso artistico: nato in un villaggio russo da una modesta famiglia di ebrei osservanti, ha trascorso la sua infanzia ascoltando le mitiche storie dei profeti biblici ed ha conosciuto le vicende e le leggende del suo popolo; l’artista non ha mai dimenticato questo periodo di formazione, nel quale ogni avvenimento assumeva carattere di ritualità.

Occorre anche riflettere sul fatto che il suo linguaggio espressivo si forma attraverso un lento e difficile processo di distanziamento da un ambiente che, nella sua cultura, negava obbligatoriamente la figurazione. Questo processo prende avvio a vent’anni, quando Chagall frequenta la scuola Imperiale di Belle Arti a San Pietroburgo e poi quando si trasferisce a Parigi, dove partecipa alle esperienze delle avanguardie artistiche del tempo, anche se resterà sempre ancorato alle sue origini.

Il pittore, riguardo alla decisione di trasferirsi a Parigi scrive: «Allora riconobbi che dovevo andare a Parigi. Vitebsk era la terra che aveva nutrito le radici della mia arte, ma la mia arte aveva bisogno di Parigi così come un albero dell’acqua. Non avevo nessun altro motivo per abbandonare la mia patria ed io credo di esserle rimasto sempre fedele nella mia pittura. »

Nel 1909 conosce Bella Rosenfeld che diventerà sua moglie, sua musa, sua modella e guida. Fin dal loro primo incontro scocca la scintilla: lui pittore scapestrato in cerca di fortuna, lei studentessa brillante, figlia di genitori benestanti, entrambi provenienti da famiglie di ebrei osservanti.

Recentemente leggendo il libro “Come fiamma che brucia”, di Bella Chagal, mi ha divertito il modo in cui la donna descrive il primo incontro col pittore: «Ha i capelli scompigliati. I suoi ricci ricadono giù, si arrotolano, si incollano alla fronte, nascondono occhi e sopracciglia. Ma quando gli occhi si aprono un varco sono blu, venuti dal cielo. Occhi stranieri, non come quelli di tutti, lunghi, a mandorla. Ogni occhio guarda dal proprio lato, barchette che si allontanano una dall’altra. Non ho mai visto occhi simili da fauno, se non in un bestiario illustrato. Bocca spalancata, non so se intenda parlare o mordere con i suoi denti bianchi e taglienti. Tutto in lui è movimento, come in un animale a riposo pronto a spiccare un balzo in qualunque istante. Il tutto ridendo. Ride in sogno? O sono io che lo faccio ridere?»

A Parigi il pittore si immerge nell’arte: visita gallerie, ammira i dipinti degli Impressionisti presso Paul Durand-Ruel, incontra per la prima volta l’arte di Gauguin e Van Gogh, rimane colpito dai lavori di Matisse esposti al Salon d’Automne ed è interessato al Cubismo.

Giunge a contatto con il Cubismo non tanto attraverso Picasso o Braque, che ne erano stati i fondatori, quanto piuttosto attraverso Delaunay. Il Cubismo era per Delaunay e per Chagall, il linguaggio con il quale si poteva esprimere la magia del mondo, la vita segreta delle cose, al di là della funzionalità.

Il mondo poetico di Chagall si nutre di una fantasia che richiama l’ingenuità infantile e la fiaba, sempre profondamente radicata nella tradizione russa. Nei suoi dipinti le figure si lasciano trasportare dal vento, come nei sogni, dove tutto è possibile. Alcuni suoi dipinti sono ispirati al ricordo della vita serena a Vitebsk: le capre, i galli, i suonatori, i circensi, figure che rammentano la vita semplice del luogo natio.

La particolarità che caratterizza la pittura di Chagall è la semplificazione delle forme, elemento collegato al primitivismo della pittura russa dell’inizio Novecento.

Con gli anni il colore del pittore supera i contorni delle figure per espandersi sulla tela, il dipinto in questo modo si costruisce con grandi macchie e fasce di colore; la figura diventa parte della natura, mentre il colore è indipendente dalla forma.

Il dipinto “Il compleanno” eseguito nel 1915 è una testimonianza felice della vita coniugale di Marc e Bella; nell’opera l’artista descrive con minuzia l’interno della sua abitazione, su un pavimento rosso Bella procede quasi in leggera corsa, recando un mazzo di fiori in mano, il marito la bacia con delicato trasporto fluttuando nell’aria.

Bella scrive riguardo al dipinto: «Ti sei gettato sulla tela che vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi, ti stiri, al soffitto svolazzi. La tua testa si rovescia all’indietro e fai girare la mia… Mi sfiori l’orecchio e mormori…»

Un momento chiave della sua ricerca artistica è la visita a Gerusalemme nel 1931, momento in cui prende coscienza della dimensione tragica della terra d’Israele. Al suo ritorno dà inizio all’illustrazione della Bibbia; per Chagall il sovrannaturale diventa il suo clima familiare, la sua opera assume una natura favolistica. Tutto ciò lo porta all’illustrazione di alcune grandi opere letterarie: Mein Leben con 22 acqueforti e puntesecche, Le anime morte con 96 acqueforti, Le favole di La Fontaine con 198 incisioni.

Dopo l’occupazione della Francia da parte delle truppe tedesche, prima si trasferisce in Provenza, zona non ancora occupata e successivamente nel 1941 parte per gli Stati Uniti, dove rimarrà fino al 1948 e dove, nel 1944, viene a mancare la moglie Bella.

Per molti mesi Chagall non è più in grado di lavorare, ma la vita gli riserverà un altro matrimonio, nel 1952 sposa Valentina (Vava) Brodskij, sua compagna fino alla morte del pittore, avvenuta nel 1985.

Può apparire sorprendente un intenso interesse per l’incisione calcografica in un artista che ha sempre fatto del colore l’elemento preminente per la manifestazione del suo mondo immaginario; ma Chagall stesso ha dichiarato a questo proposito che qualcosa gli sarebbe mancato se non si fosse dedicato all’incisione. Il suo mondo favolistico e la sua immaginazione, si prestano molto bene alla traduzione visiva attraverso i mezzi espressivi dell’incisione e dell’acquaforte; senza contare che un artista narrativo come Chagall è istintivamente attratto dalle maggiori possibilità comunicative che il linguaggio dell’incisione consente: per la possibilità di ordinare in sequenza le immagine e per la lettura più riflessiva che esso reclama. La qualità formale che l’artista ha conseguito con l’incisione è sorprendente, caratterizzata dall’armoniosa tessitura dei bianchi e dei neri o dallo scontro a volte drammatico che essi determinano in alcune immagini. Chagall ha un segno minuto e particolare spesso fatto da minuscoli tratti incrociati e sovrapposti, il suo segno non appare mai uguale.

Chagall si è posto spesso l’interrogativo sulla necessità della fede religiosa per l’artista, dandosi una risposta che appare soprattutto un atto di fede nell’arte, perché secondo lui l’arte è di per sé un atto religioso.

Chagall rifiutava di usare le parole per spiegare le sue opere perché, a suo modo di pensare, nei quadri sono nascoste più parole, silenzi e dubbi, di quanti le stesse parole possano esprimere.

Lidiart

13/12/2016, Lidia Borella

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