RIAPERTURA NEGOZI DI ABBIGLIAMENTO E LA DRESSING ROOM
(LO SPOGLIATOIO) DI EDOUARD VUILLARD IL PITTORE CHE NON ESEGUIVA RITRATTI MA DIPINGEVA PERSONE A CASA LORO
Obbligo di mascherina e guanti, sia per dipendenti che per la clientela. I dispositivi di protezione saranno necessari per tutta la fase di convivenza con il virus. E fin qui nessun (almeno si spera) problema.
Nei negozi di abbigliamento, scarpe e accessori si potrà entrare un tot di persone alla volta evitando assembramenti. Qui iniziamo ad avvertire un po’ il problema. Un tot significa tempo in coda in attesa del tuo turno, Caspita però!
La clientela potrà disinfettarsi le mani preferibilmente prima e dopo aver toccato la merce in esposizione. Come faccio a non toccare un capo di abbigliamento indispensabile per assicurarsi il genere di tessuto ma soprattutto per poterlo indossare nei camerini.
Ed ecco il gran punto interrogativo?: la sanificazione dei camerini di prova. Stando alle notizie attuali, infatti, sembrerebbe obbligatorio igienizzare camerini, non solo anche abiti provati, ogni volta che un cliente ne fa uso. Ciò comporterebbe l’adozione di particolari sistemi di sanificazione da parte di ciascun esercizio commerciale. Sistemi che sono tutt’altro che economici. Appunto!
Torneranno di moda le sarte di un tempo? Che confezionavano capi alla moda e quando lo facevano si era sempre a casa loro
Godiamoci questo quadro di Édouard Vuillard (11 novembre 1868 – 21 giugno 1940) pittore simbolista alle soglie dell’astrattismo in attesa del nostro prossimo acquisto.
The Dressing Room (lo spogliatoio) è un’opera di Edouard Vuillard figlio di un ex ufficiale e di una bustaia. Nato l’11 novembre 1868 a Cuiseaux si interessa fin dalla tenera età alla pittura, frequentando lo studio del pittore Diogène Maillart a Parigi imparando i primi rudimenti della pittura.
Prosegue poi gli studi all’ École des Beaux-Arts finché, nel 1889, Maurice Denis lo convince ad unirsi al gruppo dei Nabis. I Nabis erano un piccolo gruppo dissidente dell’Académie Julian, post-impressionista, che realizzava delle opere improntate al simbolismo e alla spiritualità attivi negli anni ’90 del XIX secolo.
La pittura di Vuillard, abbandonato il realismo, divenne ricca di colori violenti e squillanti. Inoltre, i suoi soggetti, difficili da decifrare, lo resero un astrattista.
Scrive Vuillard “Una testa di donna mi dà una certa emozione, questa emozione soltanto mi deve servire e non devo cercare di ricordarmi del naso o dell’orecchio, che non hanno alcuna importanza”. Tale affermazione è importante per comprendere la sua poetica simbolista, fatta di figure che si fondono con gli sfondi, in guizzi di luce che rendono gli interni da egli dipinti come illuminati da fonti dirette.
I soggetti prediletti dall’artista sono la madre, la sorella e le operaie della corsetteria inserite in ambienti sovraccarichi di carte da parati e di arazzi. Molte delle sue opere mostrano quindi donne al tavolo della colazione, del cucito, o che dormono o che contemplano. Figure femminili occupate nelle mansioni quotidiane si fondono e si confondono con la stanza in cui operano, al punto da rendere complicata la distinzione tra esse e l’ambiente. Ogni dipinto presenta l’uso di colori sempre diversi, vividi e squillanti avvolti in fonti luminose artificiali. Per questo motivo tutte le scene dipinte da Vuillard si distinguono per un calore intimo e domestico, per il modo con cui le figure ricevono appunto la luce e per dialoghi che le figure presenti instaurano l’una con l’altra.
Lo scoppio della seconda guerra mondiale provocò un’interruzione dell’attività artistica di Vuillard. Arruolatosi come pittore dell’esercito, impresse nelle sue opere l’inquietudine del conflitto e dei tempi.
L’avanzata tedesca costringerà Vuillard a lasciare Parigi, morirà a La Baule il 21 giugno 1940.
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Ciao, alla prossima
5 maggio 2020
articolo a cura di Franca Barzan
Staff di IoArte
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