Ottone Rosai e Francis Bacon

di Antimo Mascaretti

Purtroppo, l’eccessiva mole di esposizioni d’arte (o presunta tale), quasi sempre del tutto inutili e senza vera motivazione culturale, messe su invece, per puri fini di lucro, è una costante di questi nostri tempi davvero grami.

Ci sono invece artisti di grande rilievo, che nel generale conformismo, rimangono ancora nell’ombra o comunque, non riconosciuti e studiati per quanto l’effettiva importanza della loro opera richiederebbe.

Quanto mai auspicabile rimane l’ipotesi di una esposizione che metta a confronto, con un numero di lavori adeguato, l’opera di Ottone Rosai e di Francis Bacon.

Di questi due artisti si può certo dire che mentre di uno, Bacon, si è scritto di tutto e l’opera completa è stata studiata ed esposta universalmente (e però, molto spesso fraintesa), non altrettanto si è fatto o certo non sufficientemente, per il lavoro di Ottone Rosai. Encomiabile dunque a questo riguardo, l’insistenza del Prof. Giovanni Faccenda, fine e sensibile studioso del Rosai, affinché una grande esposizione di questi due giganti dell’arte del Novecento europeo venga realizzata a livello internazionale, e meglio sarebbe se ciò avvenisse in terra inglese, così da poter contare su un numero congruo anche di dipinti del pittore irlandese difficilmente riuniti in maniera esaustiva, se non in rare occasioni. Qualcosa anticipa nella stessa direzione la mostra da Farsetti arte a Cortina d’Ampezzo,(fino al 2 settembre 2018), ma il raffronto è, in questo caso, con opere grafiche di Bacon e Baselitz, ed io dissento decisamente sull’impostazione che vede incluso Baseliz, che nulla ha di affine con Rosai e Bacon se si eccettua la constatazione che anche l’artista tedesco in qualche modo, e certamente in maniera superficiale, ama raffigurare l’uomo, ma a me appare, quest’ultima affinità, davvero insignificante, quando si è lontanissimi per la visione morale del mondo e della vita.(Baselitz è un artista superficiale, perdutamente superficiale, mortalmente superficiale, con quella ridicola trovatina di capovolgere i suoi zozzi nel colore, orribili, grossolani, personaggi…pensando così di essere un pittore “riconoscibile” nel tempo, che illusione!, ma questo lo capiscono solo gli artisti… non certo i chiacchieroni che, imparata la colta favoletta, se metti loro in mano una matita, non sanno fare un’ O col bicchiere!). In quella mostra ipotetica, sarebbe auspicabile e finalmente vedere riuniti in mostra, i nudi del pittore fiorentino, che a mio avviso sono estremamente importanti e significativi nell’opera dell’artista toscano di solito conosciuta più per i lavori del periodo definito “classico” con opere tra il 1919 e il 1930, che nel suo complesso svolgimento.

Nel parlare di due grandissimi artisti come Rosai e Bacon, ecco venir fuori la distanza culturale che spesso è da ravvisare purtroppo, in quanto accade in fatto d’arte nel nostro paese, rispetto al resto d’Europa e del mondo.

A guardare la cronaca sui giornali e sui media, ancora oggi l’omosessualità nel nostro paese ad esempio, al di là di prese di posizione ideologiche pure in ritardo, espresse in generale dalla politica, non deve avere tuttavia vita facile. Se ci si aggiunge che Rosai fu anche fascista, e della prima ora, e nonostante la sua omosessualità e le incomprensioni, tale restò e senza riserve, ecco che abbiamo messo in evidenza i due veri motivi per cui questo artista tra i sommi dell’Italia del Novecento, ma appunto di rilievo internazionale vero, come e forse più di altri nostri artisti (pochissimi purtroppo, e per la nostra ignavia e stupidità), sia ancora ad attendere il giusto riconoscimento, per non parlare di una altrettanto adeguata valutazione di mercato.(Ma sulla penalizzazione costante che affligge l’arte italiana, in particolare quella tra le due guerre, occorrerebbe parlare e a lungo, in altre sedi).

Nel nostro bel paese, da sempre fazioso, rissoso, settario, eppure dai rapidi cambiamenti di fronte e di faccia, fin dai tempi dei Guelfi e Ghibellini, bianchi e neri, per arrivare nei secoli, ai fascisti e comunisti, fino all’attualità contemporanea dove, mutati i nomi e gli schieramenti, la rissosità, l’emotività settaria, e folle degli arruffa popolo non è affatto mutata,(guardare alla maniera di reagire del governo ad esempio, dopo la disgrazia del ponte Morandi), nel nostro bel paese dicevo, non si è compreso e non si vuole comprendere che la storia non è una puttana sulla quale tutti possono mettere le mani impunemente e come vogliono, e per di più nel nostro caso, senza pagare.

Lo sport della interpretazione ideologica della storia, in epoca di pretesa “morte delle ideologie” per di più, è invece più praticato che il calcio o il ciclismo. Così Rosai, Sironi e molti altri giganti dell’arte italiana, ancora pagano l’alto prezzo di valutazioni critiche (chiamiamole così per carità di patria…) di voltagabbana che furono nel ventennio magari “fascistissimi” a parole e senza rischiare mai nulla nei loro incarichi e nelle laute prebende, salvo rifarsi prontamente, con ammirevole velocità, una verginità “democratica” che a guardar bene oggi i documenti, a distanza di quasi un secolo, (quelli rimasti, i documenti, perché ovviamente, non era possibile distruggere tutto, come in gran parte però, si è fatto), appare veramente improbabile.

Quando l’artista è grande, anzi, immenso, intelligenza vorrebbe che aspetti della vita personale e privata dell’uomo ed anche quella pubblica vivaddio, ch’è un diritto poter pensare come si vuole e liberamente, aspetti che pure rimangono connessi indissolubilmente all’opera artistica, venissero osservati in maniera obiettiva e senza alcun giudizio o pregiudizio morale e meno che mai politico, giudizi oggi, per di più, a distanza di molto tempo , ridicoli e risibili, e occorrerebbe finalmente prendere atto che sempre l’uomo è quello che è, mentre l’artista invece, con ciò che ha realizzato è quello che alla fine conta veramente. Ciò appare ben appropriato quando si parla e si legge in ponderosi saggi su Bacon, omosessuale dichiarato, grande bevitore, fortissimo giocatore d’azzardo, e ben a suo agio nei bassi fondi delle periferie londinesi e di altre metropoli, mentre non lo è affatto per Rosai che quasi pare ancora bisognoso di giustificazioni per scelte di vita pagate con grandi rischi personali e a caro prezzo, sempre e senza infingimenti.

Bacon stesso ebbe a riconoscere (in un intervista televisiva), l’importanza per il proprio lavori della ricerca di Rosai, e se vogliamo restare alla pura cronologia, quando Rosai moriva nel 1957, l’opera di Bacon aveva trovato da non più di un quindicennio, la connotazione che potremo definire “sua propria”, con la quale diverrà in seguito celebre in tutto il mondo.

E’ importante tener presente che certi raffronti tra le opere degli artisti sono importanti non per stabilire primati o “prime geniture”, che non significano in arte, un bel niente, quanto per una collocazione al giusto livello di un lavoro che appare all’altezza dei massimi risultati e che per motivi del tutto estranei all’arte, non è ancora pienamente valutato per quel che vale. Per restare al raffronto Bacon e Rosai, molti lavori dei due artisti hanno evidenti richiami e il Prof. Faccenda, credo tra i primi e fin dal lontano 2009. li aveva prontamente evidenziati, al punto che l’importanza del lavoro di Rosai, possiamo dire al di là della stessa ammissione di Bacon, è un fatto assodato e fuori discussione.

Ciò che mi interessa invece ben capire, sono le differenze formali, perché diversa è la genialità di ogni grande artista.

Nel nostro caso, sia Rosai che Bacon respirarono a pieni polmoni, negli anni di formazione, lo spirito delle avanguardie di inizio Novecento in Europa, e se per Rosai fu il futurismo (e ancor prima Cezanne), la prima luce illuminante, per Bacon fu il clima, il fermento della Berlino degli anni venti, con tutto il suo caos artistico, politico, dirompente. Ma non è in quella direzione che ho raccolto importanti indizi. Come sempre è la vita, la vita concreta, che marca le differenze, e le necessità, così i due artisti è sul piano spirituale ed esistenziale che sono distanti anni luce, pure accomunati entrambi da una visione tragica dell’esistere (che proprio per questo essenziale motivo me li fa sentire così cari e a me affini), vissero drammi diversi, e mentre nel carattere duro e schietto di Rosai, si sente ancora, pur nell’isolamento, l’attribuzione di un valore residuo alla vita di ciascun essere vivente, e ciò traspare nell’opera sempre, dove lo sguardo disincantato è come attenuato in una dolcezza che non sospetteremmo, una commozione che istilla quel residuo di pietas dovuto alla comune appartenenza, “all’umanità”, in Bacon appare invece violenta e disperatamente gridata la negazione riaffermata ogni volta, di ogni possibile trascendenza.

C’è in Bacon l’idea dell’esistenza come una gabbia serrata e invalicabile, e tra quattro mura di una abitazione si avverte solo non più, l’unione di materia e sangue, nella coscienza della libertà, o anima che dir si voglia, così come nell’arte è avvenuto dopo l’avvento del Cristianesimo, rispetto alla concezione dell’antica Grecia, ma solo per citare Eschilo, non a caso amatissimo da Bacon, “il fetore del sangue umano” e aggiungerei io, il terribile lezzo del suo putrefarsi lento in vita, nella disperazione più assoluta, nella consapevolezza inobliabile della propria non evitabile morte.

La pittura di Rosai è tragica, in particolar modo in certi autoritratti, e nei nudi, ma espressa ancora con serenità di accettazione virile, l’esigenza di deformazione in Bacon (che non ha nulla a che vedere, al di là delle similitudini formali, con quella delle tante avanguardie di inizio secolo e neppure con Picasso, che pure Bacon amava al punto da ritenerlo un suo maestro certo), è la disperata ricerca di una via d’uscita sul piano dell’espressione icastica di forme inusuali e colori squillanti e funerei, qui, in queste opere, così “presenti” come incubi, si cerca un riscatto definitivo ma impossibile, da quell’universo chiuso e plumbeo che il dover vivere solo promette e permette. Nessuna leziosità puramente formale avrebbe senso (cazzo, basta a confondere i Kafka con i Jovanotti!)

Rosai guarda ai propri soggetti ancora con un residuo di umanità rassegnata, Bacon si vede morire e vede morire i suoi soggetti, le persone a lui care, in ogni opera, in ogni tentativo di raffigurazione, che pure continua a realizzare, per fermare, esorcizzare la morte, come nelle raffigurazioni egizie dipinte allo stesso scopo. Bacon dipinge allo stesso modo di chi muore lentamente per un male incurabile e senza alcuna possibile anestesia, dilaniato nel dolore fisico e soprattutto spirituale, nella consapevolezza terribile, incurabile, di una inutile libertà, che altro non è, in fondo, la vita.

21/08/2018, Antimo Mascaretti

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