Senza titolo (Ovvero: Volo aereo notturno) (XIII) Romanzo

di Antimo Mascaretti

All’ interno della busta, in un primo momento non lo avevo notato, c’è un piccolo flacone in vetro, con un tappo rosso di ceralacca e dentro uno scarso liquido incolore.

Dopo aver letto la lettera del professore, Gisela è sbiancata in viso. Ora siede silenziosa accanto alla finestra.

“A questo punto non resta che leggere di seguito, tutti gli spazi bianchi delle lettere, sperando che il tempo sia sufficiente” –mormora con un filo di voce e sembra guardare lontano dalla finestra-

“Mi pare tuttavia che le rivelazioni del professore siano di ben più vasta portata, anche se non propriamente delle novità assolute, non credi?”

“E’ vero, le argomentazioni riguardano aspetti che non avrei pensato in qualche modo collegati alla nostra ricerca, gli argomenti appaiono destinati proprio a me! Mi forniscono risposte chiare ad interrogativi che mi sono trascinato dietro per anni”.

“ Una lettura certo originale dell’evoluzione storica dell’arte nei secoli, lettura che ridicolizza ogni altra ipotesi, ed anche la mia ostinata dabbenaggine”.

“Ma spiega aspetti, prima oscuri, come ad esempio la cecità dei più”.

Torno a tirar fuori le lettere dal cassetto. Prendo quelle con gli spazi bianchi e le metto ordinate sul pavimento.

Lavoriamo in silenzio, con molta cautela. Mentre inumidisco i fogli, Gisela li pone in terra sopra dei giornali, subito dopo aggiungo alcune gocce del flacone di vetro per ciascun foglio: quasi subito da ogni spazio bianco lentamente affiora la stessa scrittura azzurro mare che ho già avuto modo di vedere nella prima lettera.

Coscienti che il tempo a disposizione per leggere quei testi sarà molto breve, prego Gisela di tradurre il più velocemente possibile, tralasciando la lettura a voce alta in tedesco, intanto accendo un piccolo registratore che porto sempre con me per appuntare impressioni rapide per i miei scritti, senza dover perdere tempo nella trascrizione.

Il professor Aleppe mi ha messo in guardia circa l’impossibilità di ripetere l’esperimento, per l’esaurirsi del contenuto del flaconcino, ma nulla ha detto circa una eventuale registrazione, così Gisela legge e traduce di seguito le varie lettere, alla fine di ogni lettera legge il luogo e la data della loro compilazione, in tal modo nella registrazione non si creeranno confusioni nel riportare ogni brano alla sua lettera corrispondente.

Il contenuto della prima lettera ci è già noto e Gisela comincia a tradurre le altre rispettando la cronologia.

Dovrei parlare di guerra ma non mi è possibile con lei.

L’atroce guerra nella quale ci siamo buttati, molti con entusiasmi maggiori del mio, in verità, si sta rivelando il male più grande che io abbia mai potuto concepire, non solo per le distruzioni materiali e l’inumanità delle imprese degli uomini ma in particolare per l’annientamento delle coscienze che rende gli esseri umani irriconoscibili rispetto a ciò che erano prima dello scoppio di questa catastrofe.

Mi accorgo dalle sue lettere che molte missive da me inviate non le sono mai state recapitate, tuttavia io continuo a scrivere non appena ne ho la possibilità.

La mia pittura mi rende inquieto, e non so bene come comportarmi.

E’ difficile non perdersi quando ci si accorge che i nostri intenti sono il frutto di una forza estranea, non posso certo trascrivere qui, nello spazio di una lettera, tutte le mie precedenti fasi artistiche, quello che è importante è: dipingo in preda ad una sorta di trance, non certo un’ispirazione benevola.

Prospettive illogiche, colori da visione notturna, mi inseguono in una psiche tiranneggiata dall’incomprensibilità dei tempi. Non riesco ad abbandonarmi, senza resistenze, a scenari completamente liberati dalla forma. Mi interessa il ritratto, l’uomo in relazione al proprio tempo e come il tempo sia recepito nell’anima sconvolta da avvenimenti tragici.

Riconosco in questa mia pretesa, l’apertura verso forme artistiche di “resistenza” a quanto altri artisti vanno ricercando e realizzando.

Gli effetti prodotti dal colore su di me, sono inclinazioni verso la magia, non verso un’esaltazione spirituale, come invece vorrei, nel momento in cui mi accingo a dipingere. Si percepisce il colore con l’organo della vista ma esso ha il modo di espandersi attraverso tutto il corpo.

Non si deve mai dimenticare questo concetto, le conseguenze possono essere disastrose.

La potenza del colore non è del tutto nota ancora al nostro tempo, forse lo sarà quando altre fasi di ricerca nel regno della psiche saranno in una fase più avanzata. Rimane l’arbitrarietà, a volte inevitabile, irresistibile, di certe visioni che si impongono.

Una maniera per entrare nella percezione del pretersensibile, un qualcosa che è al di là della semplice percezione attraverso i sensi.

Si può sfiorare la Verità, ma anche peccare di orgoglio, per questa ultima mancanza, il castigo, è noto, sarà terribile.

Berlin 1917

Qualcosa di malefico si insinua nelle mie vicende esistenziali.

Mi accorgo che alcuni miei dipinti, sia recentissimi che del passato, una volta esposti in pubblico, si trasformano in breve tempo, in avvenimenti reali, come se prima fossero soltanto degli annunci di catastrofe. Ho avuto la certezza di quanto le dico in particolare con “la guerra”, un’opera che avevo dipinto poco prima della grande tragedia. In quel quadro, scene di cui ricordo ogni particolare, sono divenute, più tardi, avvenimenti reali che io stesso ho potuto constatare durante le lunghe giornate al fronte! So, che a sentir raccontare queste stranezze, non saprei come altro definirle, si può essere scambiati per folli e per tale motivo la prego di tenere per sé quanto le racconto e le racconterò in futuro.

Mi vedo costretto a tentare di eliminare dalle esposizioni pubbliche, i miei quadri, finché resteranno esposti la minaccia è sempre incombente. L’ operazione di recupero non sarà agevole, per le tante destinazioni diverse raggiunte dalle mie opere negli ultimi tempi.

Sono però cosciente che non posso non tentare di oppormi a tanti altri avvenimenti luttuosi che certamente si verificheranno, senza una precisa data, senza preavviso, se non riuscirò nel mio intento.

Ricordo bene quali quadri ho dipinto, ed i loro contenuti!

Berlin 1922

Ad un giorno di distanza, dopo l’inaugurazione della “Grosse Deutsche Kunstaustellung”, ecco aprirsi le porte di “Entartete Kunst”, l’arte degenerata.

Il diciotto di luglio è stata solennemente inaugurata la Haus der Deutschen Kunst. Nel 1933, durante la posa della prima pietra ho potuto assistere ad un avvenimento particolare: Hitler aveva in mano per l’occasione un martello d’argento con il quale avrebbe dovuto inaugurare la prima posa, ma durante la cerimonia il martello improvvisamente si è spezzato. Subito avevo pensato allora ad un segno, qualcosa di nefasto. Ed ecco che oggi, quattro anni dopo, ne ho la riprova in questa esposizione. Si è voluta sancire la fine dell’arte moderna in questa esposizione che certamente lascerà il segno. Ora tutto ciò che è considerato riprovevole è qui bene indicato. Da questa violenza culturale non potrà venire che male, ma il male sembra per costoro, una finalità, non qualcosa da cui tenersi lontano.

C’è una grande confusione. Fino a qualche tempo fa, si poteva pensare che l’espressionismo sarebbe stato considerato vicino alle radici del popolo e come tale più che mai tedesco, ora invece, tutto è bollato come arte da distruggere anzi, come non arte.

Non mi sarà difficile in queste circostanze, recuperare due mie opere che sono in bella mostra tra l’arte “degenerata”.

Potrò distruggerle prima che il loro significato si riveli e scateni L’Angelo Sterminatore.

La tentazione che ho invece, è quella di lasciare che i dipinti compiano il loro triste compito, eliminando magari tutta questa banda di criminali.

Ma l’imperativo è: Nascondere!

Monaco 1937

Nascondere. Nascondere di fatto, significa nascondermi, e questa è diventata un’ossessione. Ho distrutto e nascosto quanto più ho potuto finora, ma disastri sono accaduti e non è stato possibile evitarli.

Una forza mi perseguita, mi spinge a dipingere per poi tentare di occultare con molta cura ciò che ho dipinto e a temere che in ogni momenti i quadri, per un caso fortuito, possano tornare alla luce.

Forse dovrei sempre distruggere tutto ciò che realizzo, ma è più forte di me, non sempre la mia anima è disposta a questo sacrificio che significherebbe la mia morte come artista.

Io spero sempre che l’incantesimo un giorno possa finire, intanto ciò che dipingo è mio e non mi appartiene, nello stesso tempo.

Berlin 1939

(continua)

25/06/2018, Antimo Mascaretti

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