Senza titolo (Ovvero: Volo aereo notturno) (XVII) Romanzo

di Antimo Mascaretti

Via dei morti è una via un po’ appartata. Vediamo, passeggiando lentamente, case senza particolari caratteristiche e qualche giardino.

“Ma in definitiva, cosa stiamo cercando? –domando alla mia amica che mi cammina a fianco-

“Non so, forse un’intuizione, un fantasma”.

Ci fermiamo. Sul lato destro c’è una casa ad un solo piano, ma ha un bel giardino recintato in ferro battuto e con una cancellata nello stesso stile. Oltre al roseto, si intravedono alcune piante da frutto, e un pergolato con una vite vigorosa abbarbicata. Guardando oltre il giardino si vede, sul fondo, un alto muro in mattoni, delle scalette in cemento e dietro si può leggere la scritta: “Hotel Buonconte”.

Non c’è un particolare motivo perché ci siamo fermati a guardare questo giardino, ma ci piace. Ci piace la rosa rossa che sporge fuori dal ferro battuto e arriva quasi sino a noi. Soffermarsi è stato istintivo.

Non sono bravo nel comunicare. Non mi riferisco solo a ciò che attiene al mantenere vivo l’interesse nei riguardi del mio lavoro da parte dei critici, dei curatori, e gente del mestiere, ma più in generale, mi riferisco ai più semplici rapporti umani.

Nel dinamismo ridicolo di un mondo come quello dell’arte che alla fine, non ha quasi nulla di veramente importante da dire oggi, non riesco a ritrovarmi, non ci sono mai riuscito.

Sono troppo geloso del riserbo, della distanza che mi è necessaria per dipingere, del distacco tra me e il mondo.

Il mio lavoro abbisogna di prospettive lunghe e distanze che definirei, vitali.

Negli anni, ho cercato interlocutori che fossero all’altezza di quanto avevo bisogno. Non si tratta di presunzione, ma di consapevolezza per quanto sto portando avanti, devo anche dire non di meno, che non ho mai avuto ventura di trovarli.

L’enigma dell’arte richiede doti eccezionali, anche per chi si pone modestamente dalla parte del pubblico. Per chi aspira alla creazione è certamente utile, a volte indispensabile, l’aiuto che può venire da un rapporto sodale che agisca sulla personalità dell’artista, non per condizionarlo, ma al contrario, per sostenerlo, avendo ben presente che la meta è difficilissima da raggiungere.

Oggi, non c’è più tempo a quanto sembra, per tutto questo.

L’artista ha sulle spalle tutta la solitudine che il suo tentativo gli procura, gli altri addetti ai lavori spesso sono solo superficiali giocolieri con un unico obiettivo: il lucro. Altre volte, hanno da pensare a quadrare i conti di una vera e propria impresa.

Si guarda il listino delle case d’asta, il record price, insomma la marginalità.

La nostra epoca è così povera d’arte autentica che a pensarci c’è da rimanere sgomenti. Di questa “desertificazione” dell’umano nessuno pare interessarsi. Non c’è guadagno e allora…

Migliaia di presunti artisti, sterili come balie asciutte quanto a risultati, si danno arie da illuminati, guru dell’antica scienza, e non sono che ragionieri in gita.

La figura dell’artista è così svalutata da essere del tutto marginale nella vita culturale della nazione già ridotta a mal partito, sopravvivono le chiacchiere di qualche regista minore e scrittorucoli in papillon, che cianciano in televisione.

Un tempo, con molto meno denaro in circolazione, si realizzavano sogni magnifici, ma erano si sa, altri tempi, in quell’epoca c’erano ancora galantuomini, oggi solo volgari e cinici profittatori.

Non c’è vera necessità di cultura in un Paese di ignoranti quasi tutti laureati, tutto è ridotto a divertimento, un divertimento però, che deve rendere.

Il disorientamento è generale. Come formiche inavvertitamente pestate, ci muoviamo all’impazzata, animati da paure ed insicurezze. Si specula sulla buonafede di pochi ingenui, si organizzano expo, ma le idee non muovono più l’autentico cambiamento, a cui tutti hanno, in cuor loro, rinunciato da tempo.

Da giovane mi auguravo di poter assistere ad un recupero autentico del senso del divino e all’abbandono delle vecchie fedi religiose corrotte fino alla stupidità, ma ciò non è avvenuto perché si preferisce sempre la via più facile.

Mi auguravo l’abbandono di tutte le sciocchezze accumulate nei secoli, nelle quali siamo stati educati. Il senso del divino è ben altra cosa. Occorre trovare la via, molto ardua, per poter essere capaci di guardare la grandezza dei nuovi cieli stellati.

Continua al contrario, il vecchio potere delle chiese, ridicole nelle loro formule vuote, che però contentano le coscienze ipocrite e spudorate.

La decadenza progressiva degli ultimi decenni ha toccato anche la speranza, ovunque domina la stupidità mascherata da falso progresso. Non si sa più morire.

L’artista un tempo, aveva un ruolo ben definito, era tramite tra l’uomo e il divino. Oggi, è una sciocca marionetta, un burattino nelle mani della speculazione, la volgare speculazione finanziaria. Perduto il senso originario, si è persa ogni via di possibile recupero, una rinascita sembra ormai impossibile.

Le formiche corrono in ogni direzione, spaventate si agitano, si travolgono nella loro corsa, si perdono a raggiera nel nulla. Il potere, che l’incantamento diabolico dona, all’improvviso, alle mie opere, non è quello che desideravi? Non desideravi che l’arte fosse influente sulla realtà, non era questo l’imperativo?

Non anelavo forse, a che l’arte tornasse ad essere significativa, molto significativa nell’esistenza, non più una sconcia buffonata?

La realtà, ciò che esiste, non basta oramai più per il pittore che ha un unico soggetto davanti: la possibilità di capire, di sfiorare almeno, l’essenza del significato di tutto. Ogni altro soggetto appare inadeguato, insignificante, un soggetto impossibile.

Guardiamo da un’ora la bellezza delle rose di questo giardino, in via dei morti, siamo venuti senza una meta precisa, senza saper bene cosa fare. Dalla casa vicina esce sulla soglia un uomo sui settanta anni che, indifferente alla nostra presenza inizia ad annaffiare le piante.

Nel momento che è più vicino alla cancellata gli sorrido, ho idea che possa aiutarci.

“Scusi se la interrompo, vorrei farle alcune domande, può darsi che possa essermi d’aiuto, io e la mia amica, cerchiamo notizie di Maria Wirth, maestra di danza e ballerina, e di un pittore che sembra sia vissuto con lei, per qualche tempo, ad Urbino, molti anni fa.”

“Sappiamo con certezza che la signora ha abitato in questa via”.

“Le ricorda nulla quel nome?”

“Guardi lei è fortunato, e sa perché? Perché la signora abitava una casa che nel periodo della guerra era proprio qui (indica con la mano il terreno antistante e le piante di rose).

Nel corso della guerra la casa fu fortemente danneggiata ed in seguito demolita, ma questo accadde quando la signora Wirth già non abitava più in questa via”.

Gisela mi guarda con aria interrogativa.

“Hai visto? A volte seguire l’istinto non fa male”.

“Devo ammettere che hai avuto ragione”,

“Viveva con quel pittore che lei sappia, in quel periodo?”

“No, viveva sola. Ma negli ultimi tempi forse con lei c’era qualcuno, in ogni caso, non so se fosse un pittore”.

Provo ad immaginare la casa in quello spazio occupato dal giardino, noto che l’alto muro di mattoni sul fondo presenta dei rifacimenti nella parte bassa quasi a contatto col terreno, i mattoni creano una lunetta come quelle che solitamente fanno cornice alle porte nelle vecchie case non intonacate.

“Qui c’era una porta?” – indico i mattoni a lunetta-

“Sì, è un po’ complicato da spiegare, ma dove lei indica c’era la porta di una cantina che scendendo dei gradini, portava un paio di metri sotto il livello della strada, insomma una cantina sotterranea, allora il muro era più basso e c’era inoltre la casa…”

“La cantina, un po’ modificata oggi, l’ho io, mi è utile per tenere in fresco il vino e i formaggi nei mesi estivi quando il sole da questo lato della strada si fa sentire.

Ma non c’era niente sa, mi riferisco ad oggetti appartenuti alla signora, quando ho comprato il terreno, avevo intenzione di allargare la mia casa, poi, difficoltà economiche me lo hanno impedito come può vedere, da allora mi accontento delle rose…ma forse è stato meglio così, cosa vuole, quando non è destino…”

L’uomo sorride con aria triste, sento di aver toccato il nervo scoperto di un antico sogno non realizzato.

“Se volete, potete anche scendere a vedere. Ora si scende più agevolmente, con una scaletta a chiocciola che ho fatto installare anni fa, e che è sotto la botola di legno”.

“Volentieri, grazie! Chissà che non ci vengano delle idee visitando la sua cantina!”

Sollevata la botola, la piccola stanza sotterranea si illumina alla luce del giorno.

Scendiamo con attenzione, l’uomo non ci segue:

Non c’è nulla in effetti, solo cianfrusaglie e attrezzi cha appartengono con evidenza all’uomo, sulla parete di fondo c’è però, un abbozzo di disegno, una sinopia monocroma, sembra raffiguri una ballerina che danza su un fondo blu, la pittura è un affresco sbiadito.

“Avete visto la fanciulla?” –ci raggiunge la voce dell’uomo –

“Io la chiamo così, là in fondo sulla parete, in quella posa un po’ strana, non si sa se di danza o di riposo”.

“Quella risale ai tempi della signora. Chissà cosa vorrà significare. A guardar bene, potrebbe anche essere un angelo, un angelo caduto, ora in attesa di non si sa cosa”.

Senza commenti usciamo dal cancello scuro, salutando il vecchio con cordialità.

Suggestiva di certo la parete, però non sappiamo nulla che già prima non sapessimo. Passeggiamo senza una meta e senza desideri.

Ora la sera si è insinuata tra gli oggetti e le strade, le ombre si allungano alle luci del lampioni a risparmio energetico, camminiamo per il dedalo di strade che pian piano, porta gradualmente fuori città. Solo adesso ce ne rendiamo conto.

Torniamo sui nostri passi, ecco siamo di nuovo in via dei morti, ora completamente vuota e silenziosa.

Così come fino a poco prima, eravamo i soli a camminare nella strada. Colpi di tosse leggeri ci annunciano però, una presenza che attira la nostra attenzione.

(continua)

30/07/2018, Antimo Mascaretti

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