TECNICHE DI RISVEGLIO PER ATHENA (V)

di Antimo Mascaretti

( continua…)

In un’epoca sofisticatamente tecnologica, può la pittura, con gli strumenti tradizionali, trovar posto ed esprimere una lettura efficace del mondo di oggi?

Ciò dipende dagli artisti e dalla pittura che essi riescono ad esprimere. Molti artisti ritengono (ed è una scelta legittima, beninteso), che altri mezzi possano esprimere in maniera più adeguata il vivere odierno e la sua complessità, sono concetti che circolano dagli anni ’50 del secolo scorso, teorizzati in varie declinazioni. Io ritengo che non sia questione del mezzo che un artista decide di usare, (ad uno Shakespeare o Cervantes, se vivessero oggi, nessuno chiederebbe se il romanzo, la commedia o la tragedia, siano forme espressive ancora adeguate), a meno di non voler essere “assolutamente moderni…” Il problema vero è: “si può dire che questa o quell’opera sia compiutamente realizzata sul piano artistico?” Se sì, tutto bene, altrimenti che sia pittura o qualunque altro mezzo, l’opera non è riuscita. Purtroppo, nell’arte di oggi non si butta via niente come col maiale, ma a differenza del maiale siamo di fronte spesso ad equivoci comici e tragici insieme ed anche molto onerosi!

Quale ruolo ricopre l’artista oggi?

Quello che un tempo era ricoperto dal giullare di corte (sia detto senza offesa). L’artista è spesso una variante di un uomo di spettacolo (ma anche lo spettacolo naturalmente è, a suo modo una forma d’arte…), un tizio che cerca disperatamente di attirare l’attenzione non su ciò che tenta di realizzare, in genere del tutto insignificante, ma su sé stesso, per dare un senso alla propria esistenza priva di riferimenti e valori solidi, ed anche perché no, per fare soldi. Il mondo è cambiato al punto che potrebbe non avere più bisogno di artisti, chi se ne rende conto o decide di isolarsi in una consapevolezza combattuta che è molto vicina alla via mistica, oppure si arrabatta per farsi scegliere, come una puttana smorfiosa, dal mercato che non dona certezze ma denaro.

Il denaro è uno scoglio solido dove anche l’inutilità trova un appiglio e la sua giustificazione convincente.

La critica ha ancora un significato?

Critica, cioè distinzione, ha senso quando chi critica ha valori di riferimento certi. Siccome oggi, e da troppi decenni, non ci sono più valori culturali comunemente accettati, anzi, non ci sono più valori di nessun tipo, la critica finisce nell’imbarazzo, ed è portata a trovare tutto valido… valido per che cosa? Per permettere intanto il sostentamento del critico o curatore, figura moderna di chi si inventa un tema e attorno a quel tema ammucchia un po’ di presunti artisti smaniosi per un’orgia estetica/artistica/antropologica internazionale. Insomma, sempre di un’ammucchiata si tratta, dove si sa, a meno di non essere un appassionato dell’articolo, bisogna stare bene attenti a ciò che ci si para davanti ma soprattutto a ciò che potrebbe venire da dietro…

Conosce qualche nome di chi tenta di resistere come critico?

No. Ci sono solo storici dell’arte. Siccome non c’è molta arte da tempo in giro, non avrebbero grande lavoro da svolgere, allora tentano incasellamenti, collocazioni improbabili del nulla nel nulla, penosissima finzione e finzione, ma quando è ben pagata e nel nostro caso lo è con ad esempio, presentazioni in catalogo, libretti immancabili a natale, programmi da condurre in televisione, conferenze e forum, si può fare…(meglio che lavorare, no?) C’è chi non si accontenta dello stipendio che so, di professore…un altro magari è insoddisfatto del suo contratto come consulente editoriale, allora tutti e due si “esplicano”. Questa parola mi ricorda una battuta di un vecchio film di Tognazzi …dove si diceva, parlando di una giovane morta che forse si prostituiva: “…Ma che fa? – oddio, si esplica…” – “Ho capito. mignotta..”

Qual è la formazione ideale per l’artista?

Non c’è una regola certa perché si diventa artisti per necessità spirituale (vede che non ho timore di usare un’altra parola desueta dell’arte di oggi), con il benefico aiuto del caso.

Inutile che le ricordi nomi di artisti a conferma di questa affermazione, sono conosciuti da tutti, cito solo Alberto Burri, medico, che il campo di prigionia, durante la seconda guerra mondiale, rifiutando di collaborare con i carcerieri americani, scopre la sua vocazione artistica così prepotente ed innovativa. Tuttavia ritengo che l’artista debba impadronirsi di una ricchezza profonda e raffinata nell’arte del vedere (se vuole essere un pittore). La più grande curiosità, il duro lavoro ed il destino, gli permetteranno di vedere ciò che solo a lui è consentito.

L’arte è innovazione? L’innovazione è imprescindibile per l’arte?

Di solito ogni espressione artistica compiuta si sceglie un linguaggio che può anche essere innovativo ma non necessariamente. Spesso paghiamo a caro prezzo l’idea di una evoluzione storica lineare delle arti, come se la storia e quindi anche la storia dell’arte, dovesse avere una linea evolutiva tracciata di netto sempre rivolta al futuro ed al nuovo. Sappiamo che non è così. Molte filosofie dell’arte è su questo terreno che si scontrano con opposizione totale di vedute.

Eì si può dire “originale” solo ciò che nell’opera realizzata è “originario”, cioè arriva all’intima essenza dell’umano. Con quale linguaggio e forma vi riesca non è importante.

Oggi comunque vige l’equivoco: è nuovo perciò è nuova arte, ma di nuovo c’è veramente ben poco tranne “effetti speciali” offerti dai nuovi strumenti tecnologici, ma è tutto “riciclato” di continuo e direi, spudoratamente. C’è che tenta ancora di rifare Duchamp che certe cosucce le faceva nel 1912, e si spaccia per innovatore o artista della nuova avanguardia!

In Italia, nel Novecento, ci furono importanti riviste d’arte, oggi qual è la situazione dell’editoria periodica d’arte?

Le riviste un tempo avevano una precisa necessità storica, erano fondamentalmente un punto di incontro ideale di personalità che partecipavano vivamente al dibattito culturale dell’epoca.

Si sono dette e scritte enormi sciocchezze su presunti condizionamenti politici per esempio durante il ventennio fascista (che, è documentato non impose mai alcunché agli artisti) sulla stampa d’arte e sugli artisti, sul loro” ritardo “ culturale per via dell’isolamento, ebbene, le consulti quelle riviste e si studi i rapporti reali tra i movimenti artistici, gli artisti in genere ed il regime e si renderà conto che non solo i condizionamenti non ci furono ma quelle riviste nel panorama europeo del periodo, spesso furono all’avanguardia e certamente sempre all’altezza del dibattito culturale internazionale e non certo espressione di un provincialismo deteriore di un Paese isolato condizionato dalla dittatura.

Oggi invece, in totale assenza di dittature tranne quella ben cinica del mercato e il “protettorato” di cui si è detto, la situazione delle riviste d’arte è semplicemente ridicola, seguono solo gli interessi della proprietà e sono di una noia mortale quasi più letale delle mostre d’arte contemporanea che pubblicizzano a suon di migliaia di euro. A quali interessi alludo è ben noto nel settore e quindi è inutile continuare. Nel dibattito culturale (ma quale dibattito?) contano e hanno lo stesso peso alla stregua di altri periodici di stampa come ad esempio, Diabolik o Topolino.

Tutti possono sentire l’arte allo stesso modo?

Naturalmente sì. Occorre tuttavia un grande sforzo per mettersi nella condizione spirituale affinché ciò sia possibile. Ciò implica conoscenza dei linguaggi, una profondità culturale adeguata per affinare il sentire dell’anima, ed infine buon gusto. Tutto ciò non potrà pero mai fare di “una lucciola una lanterna” senza malafede. Ed è la malafede, aggiungerei lautamente prezzolata, la moneta più diffusa della nostra epoca.

(Continua)

10/04/2017, Antimo Mascaretti

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