TECNICHE DI RISVEGLIO PER ATHENA (XIV)

di Antimo Mascaretti

( continua…)

Perché ha preferito, fino ad oggi, restare lontano dal mercato?

Per non complicarmi inutilmente la vita. Non mi considero un artista “contemporaneo”, nel senso che non avrei mai potuto vivere come un piazzista del mio lavoro e condiscendere ai mercanti. All’inizio della mia avventura, ho avvertito subito la distanza che c’era tra la mia concezione della pittura e quella che riscontravo nelle mostre, nelle fiere dell’arte, etc. Ho provato, nel tempo, a cercare un rapporto autentico pur in un mondo fasullo, con persone serie che mostrassero di capire le mie esigenze di lentezza e riflessione. Ciò non è stato evidentemente possibile, e l’ho ritenuto un segno del destino. Non dovendo vivere d’arte, ho potuto tenermi in disparte, ciò però, voglio sottolinearlo, mi ha molto penalizzato nella diffusione del mio lavoro, come è facile intuire.

Sono esposto per di più, ed in maniera disarmante, al giudizio di chi, non sapendo riconoscere il valore di un’opera, ha necessità di un rimando costante al valore “mercantile” o peggio, al giudizio di un presunto “esperto” (mercenari spudorati anche quando non lo si sospetterebbe…).

Le racconto un episodio: in un contatto telefonico con un promoter artistico o sedicente tale, molto vicino ad un noto personaggio sia pure molto “inflazionato”, dal mezzo televisivo, mi dilungo a parlare della mia esperienza artistica, dei miei cicli, delle mie riflessioni, quando improvvisamente, mi sento dire:” Ma lei manca da Milano dagli anni ’90! Non ha più esposto qui da noi! Ma come si fa! Come può essere?” Ho avuto subito l’istinto di interrompere la telefonata e così ho fatto. Ecco, quella libertà di non essere costretto a rispondere o a scambiare anche solo due parole con degli stupidi di quel calibro, l’ho sempre avuta negli anni (anche se pagata molto, molto a caro prezzo). Un vero privilegio tuttavia, non trova?

Oggi però, che l’arte si identifica con il valore economico acquisito, c’è da avere timore per il destino delle proprie creazioni. Atteggiamenti quali il mio, si possono pagare cari sia pure ingiustamente. Il mercato è spietato, si sa, non deve fare i conti, ogni giorno, con la propria anima.

Sia detto senza intento polemico, ma ci sono personaggi a cui non affiderei un mio quadro per qualunque cifra mi venisse offerta. Ma si sta avvicinando il momento (anzi, forse è già arrivato), in cui sarà necessario occuparsi del destino di tanti miei lavori e questo per me è un vero cruccio da qualche anno, un problema che non mi piace dover affrontare.

Lei è un artista che a buon diritto, si può definire: ”isolato”

Per più di un aspetto sono un isolato certo, ad esempio per il mio modo di concepire l’arte, la pittura, per l’istinto di non allinearmi a cordate di moda, per il mio caratteraccio burbero e ombroso che tiene lontano chi non intuisce la mia vera natura e non mi ama. Non certamente isolato per vivere nelle Marche (che io “amo “alla stessa maniera di come Bernard amava Salisburgo e l’Austria…), e per di più, in una piccola città che, grazie a Dio, non sa nulla di me e del mio lavoro. Perché sono stato presente ogni volta che ho potuto, sulla scena dell’arte, forse non come avrei voluto, ma non si può pretendere di essere invitati da chi si disprezza, non le sembra? In più, e non è affatto necessario per un artista, sono uno studioso di estetica, di fenomenologia dell’arte contemporanea, ciò mi porta ad occuparmi del lavoro di altri artisti e delle problematiche attuali dell’arte e del pensiero contemporaneo. Continuo ovviamente a mantenere la mia autonomia creativa, in una parola a pensarla come mi va, ma senza ignorare ciò che accade in giro. Possiamo dunque dire: isolato quanto basta per essere ignorato da chi non amo.

Si ricordi inoltre, che la mia pittura non è affatto semplice e mantiene un caparbio rapporto con la figura, attraverso un linguaggio, la stessa pittura, che si vorrebbe oggi emarginare a favore di altre ricerche e spesso ci si riesce (come in molte edizioni della Biennale Veneziana).

Per chi dipinge?

Per me stesso. Mi viene spontaneo come respirare. Posso aggiungere, anche per i pochi che apprezzano il mio lavoro. Non me ne rammarico. Non vedo la necessità di adunate “oceaniche”, non ho messaggi “ecumenici”, questa vanità la lascio volentieri ai Papi.

Lei scrive?

Si ho scritto saggi sulla mia idea della pittura e dell’arte in generale. Da qualche tempo ho riscoperto il genere “romanzo”, che è utile per liberarmi dalle tensioni psichiche del lavoro. Ne ho scritto un paio finora, ma anche la mia scrittura, badi bene, è per pochi.

Che importanza ha la letteratura in relazione alla pittura, e alla sua pittura in particolare?

Nella mia pittura, che aspira a “non” essere narrativa, non posso dire che la letteratura abbia influenza diretta, ma certo, essendo un lettore assiduo, in particolare dei classici, non potrei dire in assoluto, che la mia pittura non presenti riferimenti inconsci di quelle opere.

In passato, la letteratura ha avuto una grande importanza per la pittura. La pittura oggi però, è molto cambiata, è cambiata nella sua stessa concezione.

Se provo a guardare alle esperienze di altri artisti che ritengo interessanti, nella contemporaneità, mi pare che un grande influsso sia esercitato da un altro mezzo che potremmo definire “letteratura in movimento”, cioè il cinema, all’origine visto, assieme alla fotografia, come ciò che avrebbe dovuto sostituire nella modernità le arti tradizionali, superare quindi la pittura.

L’influsso è stato nel tempo, reciproco direi, il cinema ha introdotto motivi della pittura e delle arti plastiche nel suo modo di “vedere” il reale. Leni Riefenstahl ad esempio, in “Olimpia” (1936), ci dà un esempio di scultura vivente attraverso un classicismo enfatico, in sintonia con la concezione ideale del corpo umano, secondo i principi del terzo Reich.

Ci sono esempi innumerevoli di queste influenze reciproche per tutto il ‘900. Hitchcock, nel 1945, per il film Spellbound (noto in Italia col titolo: “Io ti salverò”), con Gregory Peck, introduce una scenografia appositamente preparata da Salvator Dalì, scenografia che è molto vicina ai dipinti di questo artista, particolarmente di quelli del periodo surrealista (l’orologio molle, etc.).

Più recentemente, per restare in Italia, Fellini e Antonioni hanno usato, potremmo dire meglio hanno “inserito” citazioni tratte da quadri e tecniche di artisti molto noti. Paolo Sorrentino, che a sua volta “rivisita” il Fellini notturno, fa altrettanto. Per quanto riguarda i pittori, trovo influssi cinematografici evidenti in molte composizioni di Bernardo Siciliano, in particolare nelle opere “americane” (l’artista vive spesso a New York). Il modo di guardare da “regista”, il modo di “tagliare” l’inquadratura, si ritrova in moltissimi artisti della cosiddetta “nuova figurazione”.

Dalle sue risposte si avverte quasi un senso di fastidio nei rapporti con il prossimo…

Può darsi sia così. Confesso infatti di essere sempre più restio ad esporre ed anche semplicemente ad affrontare dibattiti su questi e altri argomenti. Mi sembra un’altra maniera di ostentazione e di vanità. Amo in verità, sempre di più, la solitudine e vedo gente solo se è necessario.

Per capire una pittura, al di là dei riferimenti storici, di necessario inquadramento dell’opera, ritengo si abbia bisogno soltanto di un’innata sensibilità e il desiderio di prendere possesso di quel frammento di conoscenza strappato al buio dal creatore di una determinata opera. Mi chiedo spesso: “è possibile ciò nel clima di una esposizione, oggi? Non mi pare. Con un’opera occorre confrontarsi in solitudine, e a volte, anni e anni non sono sufficienti.

Ha mai notato la ridicola cerimonia che si svolge ogni giorno, all’ingresso dei tanti musei nel mondo, con i visitatori che, una volta entrati, sostano di fronte a capolavori immensi, tra un rumore insopportabile, uno o forse due minuti…A che serve tutto questo? A nulla. Stia pure tranquillo.

(Continua)

12/06/2017, Antimo Mascaretti

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