TECNICHE DI RISVEGLIO PER ATHENA (XXIV)

di Antimo Mascaretti

( continua…)

Arte e filosofia, ambedue in secca sul non senso?

La filosofia che vorrei, ambisce, come quella epicurea, o quella stoica, a frasi semplici e facilmente assimilabili. Epicuro elaborava precetti utili per l’esistenza, a ciò dobbiamo anche noi aspirare.

Ugualmente il mio desiderio vorrebbe un’arte che rispecchi la complessità del mondo senza doversi nascondere per pochezza, nella confusione della pura visione ideologica del mondo.

Il vuoto è stato sufficientemente messo in evidenza, la paralisi illustrata, l’impotenza analizzata in ogni dettaglio, la relatività di tutto è il vangelo presente su ogni comodino. Bene, ora occorre un rimedio per poter vivere. La diagnosi è stata illustrata ed è ben chiara, ora vogliamo la cura e che sia possibile. Una cura efficace, altrimenti se tutto quello che sappiamo offrire in occidente è ciò che si vede, cioè una filosofia “debole”, una rassegnazione alla mediocrità ugualitaria forzata, è giusto perdere la testa in favore di un califfato che nella sua violenza insensata e giustamente da noi sempre aborrita, mostra però una vitalità, una forza primigenia che è l’essenza della vita (perché la vita è violenta nella sua essenza, in ogni suo aspetto). Solo il seme più potente geneticamente completo diventa pianta a dispetto di ogni possibile difficoltà. L’occidente mostra debolezza, confusione di idee, mancanza di valori certi, è normale che altre credenze possano convincere i giovani a tentare un mutamento. Se l’occidente è la terra ormai degli “apallici”, senza nerbo, sempre con i lumini in mano, soffocati dalla viltà e dall’ignavia, sarà inevitabile che soccomba.

Questo dialogo filosofico/estetico potrà avere una utilità per qualcuno?

Non saprei ma me lo auguro. Ho concepito questo testo essenzialmente per mettere bene in evidenza il mio pensiero che è poi, ciò che mi ha spinto in gioventù a dedicarmi alla pittura e a non perdere mai l’abitudine di approfondire i testi fondamentali del pensiero filosofico.

Ho passato una intera estate a mettere insieme gli scritti che costituiscono questo libro, molti temi che mi stanno a cuore sono qui, altri purtroppo, non è stato possibile inserirli per evitare di rendere il testo troppo esteso.

La mia visione dell’esistenza credo sia abbastanza chiara e la si evince tra le righe che pure trattano di arte e di estetica. Negli ultimi anni ho rallentato la mia attività artistica, dipingo molto lentamente, non c’è per questo mutamento di abitudini un particolare motivo, forse la pittura non è per me più sufficiente per affrontare tempi e prove che la vita ci pone davanti, o probabilmente ciò accade per una naturale saturazione. Tra tanto blaterare, ho bisogno in ogni caso di silenzio, di studio, di rivedere le mie convinzioni alla luce di cinquanta anni di esperienza. Nel silenzio trovo, di solito in campagna, la possibilità di un pensiero più autonomo.

Ciò che temo non sia stato sufficientemente messo in evidenza in queste pagine è forse il disagio che avverto nel riflettere sulla nostra epoca e su quando sta accadendo. Sono convinto che stiamo per affrontare tempi molto difficili in Occidente. Una catastrofe? Forse semplicemente un cambiamento qualitativo? Non saprei indicare una risposta con precisione. Certo è che quanto si vede e quanto soprattutto siamo costretti a vivere è penosamente misero ed insignificante.

I giovani dovrebbero prepararsi a questo cambiamento e invece, sembrano i più inermi. I termini “crescita”, e “sviluppo compatibile” sono delle sciocche falsità che pagheranno a caro prezzo. Coccolati come dei deficienti in famiglia, perdono il loro tempo migliore come tutte le generazioni, ma ho paura che oggi, questo possa essere un errore veramente fatale. Ci sono stati tempi in cui generazioni intere non hanno avuto giovinezza, non vorrei che i nostri giovani debbano affrontare uguali esperienze.

Spesso si sente dire. “Quando si invecchia non si resta al passo, non si capiscono più i tempi e si diventa nostalgici, reazionari per incomprensione”. Questa sciocchezza serve invece per darci modo di vedere come le cose stanno veramente. Solo chi ha memoria e conoscenza di ciò che è passato può capire i tempi, capire vuol dire valutare, fiutare l’aria, non solo saper armeggiare come un cretino uno smartphone, rapidamente, per leggere solo idiozie e vedere foto di ebeti in posa. Nostalgici? E di chi dovremmo essere nostalgici? Dei democristiani? Dei terroristi degli anni di piombo? Dei sessantottini che hanno tutti, senza eccezione, riempito i loro portafogli con anni di chiacchiere deleterie? Suvvia, non diciamo stupidità, per favore.

Quale aria per il domani? Aria di tempesta o di serenità? I giovani non hanno termini di paragone, conoscono solo il loro presente. Ci sarebbe naturalmente la storia, ma si studia ancora la storia nelle nostre scuole? E con quali testi? Quali “verità”? Non è questione di progresso. Il progresso non esiste sul piano dell’esistenza, qualcosa che renda la vita un po’ più comoda o un po’ più duratura (magari con il catetere d’oro o un assistenza agli anziani da lager…),non muta l’essenza dell’uomo che è impastata di malvagità.

La vita, che è l’esistenza di ognuno, hic et nunc, (poiché la vita come concetto astratto ci lascia indifferenti o ci affascina solo in presenza di alcuni aspetti della natura), e la consapevolezza della morte incomprensibile ma necessaria, ecco tutto ciò su cui è possibile filosofare. E poco importa che modello di smartphone hai nel momento che muori! Tutti questi temi non sono mai tenuti abbastanza presenti in genere o non lo sono come sarebbe doveroso ed opportuno, ed è un gran male.

Per quanto mi riguarda, pur nella mia esplosiva emotività naturale, ho cercato sempre di guardare al mondo e a quanto accade “sub specie aeternitatis” , con quel distacco di chi è cosciente che tutto deve finire nel nulla.

L’arte, la letteratura, la filosofia, sono stati e sono i miei “antidoti” alla morte. Sono cure palliative (e tra esse vorrei aggiungere l’amore in tutti i suoi aspetti, carnale e spirituale), ne sono ben consapevole, però permettono di sopportare l’esistenza. Senza quelle cure sarei senza dubbio impazzito nel corso degli anni. Io non trovo sia concepibile che la vita debba consistere in un qualcosa di così insignificante durata e per di più piena di sofferenza.

La sensazione “fisica” del trascorrere del tempo, era certamente più presente quando ci si serviva degli orologi a polvere: Le clessidre. Ernst Junger, in occasione della pubblicazione di una parte dei suoi diari, intitolò quei volumi: “settanta soffiati via!” in riferimento ai suoi anni già trascorsi. Il titolo fa allusione al modo di leggere il tempo da parte dei marinai che ad esempio, dicevano: “un’ora soffiata via!”

Polvere e tempo inscindibili eternamente tra loro… davvero nella sabbia che abbandona la teca di vetro, granello dopo granello, si sente la vita “scorrere” tra le mani inesorabilmente.

Il finto progresso dovuto ad una fiducia immensa nella ricerca scientifica, ha sottratto come si sa, la poesia al mondo. Il mondo è diventato “disincantato” come ha scritto Max Weber. Altri sottili piaceri sono andati perduti assieme al senso del limite umano, la consapevolezza, prima sempre presente, che la vita è un insieme di incredibili combinazioni casuali in ogni istante, e che può avere valore unicamente per quanto di prezioso riusciamo a conferire a quegli istanti.

Tuttavia altri potranno naturalmente interpretare la difficile esistenza in altri modi, con l’aiuto di altre fedi che purtroppo, per me non sono che fantasie consolatorie. Ma io non sono propriamente un pensatore, come Kojìeve, sarei propenso ad accettare la definizione di “filosofo della domenica”: mi pongo domande che l’atto di dipingere mi consegna e cerco di dare a quelle domande “risposte sensibili” con i miei quadri.

“Se non puoi piacere a tutti per i tuoi gesti e la tua arte, piaci a pochi. Piacere a molti è pericoloso” (Schiller).

(Continua)

04/09/2017, Antimo Mascaretti

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