ROMANINO A ROMANO

di Lidia Borella

Martedì 13 settembre nella Basilica di San Defendente, a Romano di Lombardia, è stata inaugurata la mostra “Romanino a Romano”, per l’occasione è stato invitato il critico d’arte Vittorio Sgarbi che ha presentato l’opera in mostra e, più in generale, il pittore Girolamo Romani, il periodo storico-artistico rinascimentale in cui l’artista ha operato e le influenze degli altri pittori sulla sua arte.

La mostra proposta dal MACS, Museo di Arte e Cultura Sacra di Romano di Lombardia, con il contributo della Fondazione Credito Bergamasco, presenta un’ unica opera “I Santi Pietro, Leonardo e Girolamo”, dipinta dal pittore bresciano Girolamo Romani, detto il Romanino perché il suo bisnonno era originario proprio di Romano di Lombardia.

Il discorso di presentazione di Vittorio Sgarbi è stato interessante e curioso, la presenza del critico (personaggio amato/odiato) ha sicuramente attirato un numero inaspettato di persone; dato positivo se si pensa al fatto che la mostra è stata visita da un’ampia fetta di visitatori anche se, a mio parere, molti dei presenti erano più interessati a vedere Sgarbi, per l’impatto mediatico tipico del personaggio, più che all’evento culturale-artistico.

Durante il suo discorso Sgarbi è ritornato anche sulla sua “provocazione” riguardo all’enorme afflusso di visitatori per la passerella di Christo sul lago d’Iseo.

romanino

Nell’occasione si era espresso in questo modo :”Se non serve a connettere il lago con almeno una ventina di itinerari artistici della terraferma è solo un’operazione capitalistica, figlia della cultura americana fatta di McDonald’s e patatine, un meteorite fine a se stesso. Non voglio avere l’atteggiamento snob del primo della classe, ma per me Iseo vuol dire Romanino a Pisogne, il Liberty di Sarnico, L’Accademia Tadini a Lovere, che ci metterebbe dieci anni a registrare i quarantamila visitatori giornalieri dela passerella. Se almeno un turista che passeggia sull’opera di Christo non va a vederla, questo lavoro svela la falsa cultura del contemporaneo, che è soltanto uno show divertente.” In queste affermazioni mi sento in parte d’accordo con Sgarbi, il nostro paese è così ricco di patrimoni e di bellezze artistiche che potremmo valorizzarle anche come fonte di crescita non solo culturale, ma anche economica, invece al giorno d’oggi purtroppo arte e cultura vengono in secondo piano rispetto ai vari interessi di potere.

Chiusa questa breve parentesi, la mostra “Romanino a Romano” che espone la pala “I Santi Pietro, Leonardo e Girolamo” resterà aperta al pubblico nella sala Mons. Alberti fino al 30 ottobre; l’opera è di grandi dimensioni, 160 cm per 135 cm e databile intorno al 1545.

La sua ubicazione originaria è sconosciuta, la tela potrebbe essere nata come un ex voto popolaresco o per soddisfare il voto di un carcerato, osservando il dipinto si è senz’altro colpiti dalla luminosità e dalla brillantezza della veste rosa-oro di San Leonardo e dall’espressività dei personaggi.

Romanino contrappone al linguaggio armonioso ed equilibrato dell’arte rinascimentale una pittura appassionata, contraddistinta da un’accesa espressività, da un forte realismo ed immediatezza. Colpisce quindi il distacco dalle forme idealizzate del Rinascimento: i volti e i corpi sono rappresentati in modo quasi grottesco e meno equilibrato rispetto alle tendenze del periodo.  Altra caratteristica che distingue il Romanino dagli altri pittori bresciani è il metodo di lavoro; analizzando le sue opere con una serie di riprese della radiazione ultravioletta, si è scoperto che non faceva uso di un disegno-guida, ma procedeva gradualmente con continui abbozzi su una base colorata (pittura con legante oleoso), al posto del disegno tracciava pochi e rapidi segni eseguiti a pennello sull’imprimitura per definire gli spazi e gli elementi figurativi.

Il pittore utilizzava questa particolare tecnica di pittura basata sulla correzione degli errori in corso d’opera, i teorici dell’arte cinquecentesca chiamano questo metodo “emendazione” o “espugnazione” dell’errore.

Questo particolare metodo di lavoro era utilizzato anche da Giorgione e da Tiziano, due dei pittori che hanno indubbiamente ispirato il Romanino, le cui caratteristiche distintive nascono dall’intreccio tra il giorgionismo, la ricerca di un realismo espressivo, e l’anticlassicismo padano.

Girolamo si rapporta anche con Lotto, con Savoldo e con il Moretto, dopo essere stato a Cremona dove affresca e decora il Duomo, inizia una collaborazione con il Moretto per la decorazione della Cappella del Sacramento nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Brescia.

Successivamente lavora a Trento affrescando la loggia nel castello del Buonconsiglio, altre importanti commissioni sono gli affreschi nella chiesa di Santa Maria della Neve a Pisogne chiamata da Giovanni Testori “Cappella Sistina dei poveri” proprio per l’umiltà che caratterizza i personaggi, figure robuste e grottesche rappresentate con un forte realismo.

La mostra “Romanino a Romano” è stata un’occasione per approfondire lo stile e le caratteristiche di questo pittore lombardo, infatti consultando alcuni cataloghi relativi a diverse mostre sul Romanino ho avuto modo di vedere molte delle sue opere che non conoscevo ed è stato indubbiamente un arricchimento culturale.

Lidiart

22/09/2016, Lidia Borella

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